Organizzazioni Agricole
“Italian sounding”, il danno al fatturato Made in Italy è di sei milioni all'ora
Sei milioni di euro all’ora. Questo il danno al fatturato del made in Italy agroalimentare causato dal cosiddetto “Italian sounding”, ossia quell’insieme di prodotti che, con immagini, nomi e colori evocano quelli italiani, ma nulla hanno a che fare con la qualità, la cultura, le tradizioni del Bel Paese. Una perdita che alla fine dell’anno ammonta ad oltre 54 miliardi di euro, cifra ben più grande di quella rappresentata dal mercato della contraffazione agroalimentare vera e propria, che vale 6 miliardi di euro.
Le cifre, rilevate da Confagricoltura in occasione di Cibus Tour sottolineano come quello che è stato definito “il mercato del falso e delle suggestioni” sia una vera mina vagante per il nostro export agroalimentare, che, con i suoi quasi 28 miliardi di euro di fatturato nel 2010, rappresenta la punta di lancia delle esportazioni italiane.
“Il fatto è - commenta Confagricoltura - che, mentre l’agropirateria, cioè la contraffazione vera e propria, è un illecito perseguibile penalmente, l’italian sounding costituisce un enorme business che si muove in una zona grigia e può essere combattuto solo attraverso regole e accordi internazionali, che consentano di assicurare una totale trasparenza sulla qualità delle materie prime e sui processi produttivi utilizzati dagli operatori della filiera”.
Un’azione indifferibile e necessaria, soprattutto in aree della massima importanza commerciale, come gli Stati Uniti e il Canada, dove il “similitaliano” supera il vero made in Italy di quasi 10 a 1 (nel Nord America la riconquista delle quote di mercato “scippate” vale 24 miliardi di euro, a cui si aggiungono 3 miliardi di contraffazione vera e propria). Ma anche nella più tutelata Europa la falla dell’export è grave, con un rapporto è di 2 ad 1, cioè due prodotti “italian sounding” venduti per ogni prodotto autentico.
“Agricoltura e alimentari - sottolinea Confagricoltura - contano ormai per l’8% delle esportazioni nazionali complessive e, cosa ben più importante, la loro quota sul totale delle vendite all’estero si è consolidata ed è cresciuta negli ultimi anni, muovendosi in controtendenza sul resto del sistema export nazionale. Ma per rimanere competitive, le nostre aziende devono necessariamente riappropriarsi della zona grigia dell’Italian sounding”.
“Per questo - conclude l’Organizzazione agricola - occorrono adeguate campagne di informazione e iniziative di promozione, per far comprendere ai consumatori stranieri la differenza tra i prodotti. Ma soprattutto, in sede Wto vanno rilanciati due temi: la tutela del sistema comunitario delle indicazioni geografiche e gli standard produttivi in campo ambientale e sociale”.