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Il Belpaese si piazza al secondo posto per l'export dell'olio
È cresciuta del 3% la quota di esportazione dei Paesi produttori di olio di oliva verso i Paesi esteri nella campagna 2010/2011: il flusso commerciale è stato di oltre 670.000 tonnellate a fronte di una produzione di olio di oliva che ha superato di poco 3 milioni di tonnellate. Stati Uniti, Cina, Brasile e Canada i Paesi dove si è importato di più, escludendo lo scambio fra i Paesi membri della UE.
“Il dato dimostra che l’olio di oliva è sempre più un prodotto globale capace di catturare nuovi consumatori in mercati ricchi e in espansione” ha affermato Elia Fiorillo, Presidente del Consorzio di Garanzia dell’Olio Extra Vergine di Oliva di Qualità (CEQ). “Anche fuori dall’abituale contesto di consumo si assiste a una domanda crescente. Sta all’Italia - ha aggiunto - lavorare affinché questa richiesta sia diretta soprattutto verso un prodotto extra vergine italiano di alta qualità. Un obiettivo intorno al quale vanno concertati gli sforzi di tutti gli attori della filiera, se vogliamo presidiare come paese questo processo di espansione. I margini di sostituzione delle quote di consumo dei grassi con l’olio di oliva sono talmente elevate da consentire a tutti gli imprenditori del settore italiano di occupare posti in prima fila. Il Consorzio CEQ è da tempo impegnato in Italia, e ora anche all’estero, per diffondere una cultura del prodotto che possa supportare l’espansione e la competizione delle imprese italiane sui mercati più promettenti”.
L’Italia contende il primato quantitativo della Spagna sul piano della qualità. Nella campagna 2010/2011 la Spagna si è confermata leader mondiale delle esportazioni, con le sue 225.000 tonnellate, seguita dall’Italia con 160.000 tonnellate (al terzo posto la Tunisia: 100.000 tonnellate di export). “Sugli scaffali dei paesi emergenti – ha aggiunto Fiorillo – i colori spagnoli sono sempre più frequenti. I produttori iberici, forti anche di un programma promozionale unitario coordinato dalla propria organizzazione interprofessionale, possono contare su una comunicazione che tocca ben 15 mercati di consumo. In Italia, le ataviche divisioni ideologiche ormai senza senso ci stanno facendo ignorare quello che sta avvenendo sui mercati internazionali. O faremo seriamente squadra per difendere il made in Italy o il declino, che già si presenta nitido all’orizzonte, ci travolgerà” ha concluso Fiorillo.