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Impazza l'hobby farming tra impiegati e operai
Sono impiegati, liberi professionisti, lavoratori autonomi, dipendenti pubblici, operai, pensionati, tutti accomunati dalla passione di coltivare e praticare l'attivita' agricola per consumare prodotti piu' sani e genuini (62,5%), per praticare attivita' all'aria aperta (61,7%), per valorizzare un terreno ereditato (39,3%) o appositamente acquistato (35,7%), ma anche per risparmiare nell'acquisto di prodotti alimentari (25,1%).
Questa la fotografia dell'hobby farming (agricoltura amatoriale) in Italia, nel primo rapporto stilato da Nomisma con il mensile "Vita In Campagna", presentato a Fieragricola a Verona.
Un fenomeno che emerge dal confronto tra le superfici agricole rilevate tra il 1990 e il 2000 (dove si evidenzia un calo di 1,8 milioni di ettari ed un a diminuzione di circa 430.000 aziende) che pero' non ha messo in discussione la dimensione media delle imprese, facendo ipotizzare che buona parte del territorio non destinato alla cementificazione abbia solo cambiato "possessore". A conferma delle ipotesi, una indagine telefonica su un campione di 4000 soggetti per capire meglio questo soggetto agricolo "non professionale". Dalle indagine, emerge che le dimensioni medie dei terreni coltivati non sono marginali e si aggirano mediamente tra 0,6 (principalmente in capo a pensionati e operai) e 1,2 ettari di superficie (in particolare piu' frequentemente posseduti da liberi professionisti e dipendenti pubblici), spesso comprendenti anche parti a bosco. Piu' in dettaglio, circa un quarto dei rispondenti possiede terreni di estensione superiore ad 1 ettaro. Si tratta essenzialmente di terreni in proprieta' (oltre il 90%) localizzati per la maggior parte in collina e montagna (61,6%), cioe' in aree maggiormente sensibili dal punto di vista del mantenimento e presidio territoriale; rispetto a questi ambiti la consapevolezza degli hobby farmer e' massima, al punto che circa il 70% dichiara che le attivita' praticate contribuiscono al mantenimento/valorizzazione del paesaggio e il 58% in favore della tutela ambientale degli spazi rurali. La destinazione produttiva riguarda prevalentemente ortaggi (88,6%), frutta (65%), vite (34,3%) e olivo (32,3%) e, molto spesso, sono completate da processi di trasformazione (ovviamente su piccola scala) per l'ottenimento di conserve vegetali (49,5%), olio (27,5%) e vino (23,7%). In qualche caso poi (circa il 40%) vi sono anche piccole attivita' di allevamento (in particolare di avicunicoli). I prodotti ottenuti dall'attivita' di coltivazione e trasformazione sono destinati in via quasi esclusiva all'autoconsumo familiare (81,8%) o a regali ad amici e parenti (7,4%), evidenziando in questo modo l'assenza di rapporti di mercato, a conferma del fatto che l'attivita' di coltivazione di un fondo agricolo e' fortemente legata a motivazioni di carattere extraeconomico (gratificazione personale, benessere derivante dall'attivita' agricola svolta nel tempo libero, ecc.) e non e' guidata dalla volonta' di ottenere un reddito, seppur solo integrativo: infatti, circa il 90% dichiara che non ottiene nessun reddito dall'attivita' di coltivazione che svolge. Il tempo dedicato all'attivita' produttiva sul terreno, che in media viene coltivato da circa venti anni, mostra come il 55% degli interessati dichiara di riservare oltre 10 ore a settimana a tali attivita', mentre la quota restante impiega fino a 10 ore/settimana (equivalenti a circa 2 ore al giorno). Questi dati testimoniano come il fenomeno dell'agricoltura amatoriale non sia un "fuoco di paglia" legato ad una difficile congiuntura economica o un'attivita' svolta in maniera estemporanea.