Trend & Mercati
La crisi non spaventa l'alimentare italiano
Nel 2009 l'alimentare italiano, con 120 miliardi di fatturato, reagisce meglio degli altri comparti industriali agli effetti della crisi. Dopo il -0,6% registrato dalla produzione di settore nel 2008, il trend produttivo 2009, nei primi undici mesi dell'anno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, ha segnato infatti un -2,1% a fronte pero' di un -18,5% registrato dal totale industria del Paese.
Nell'ultimo mezzo secolo e fino al 2007 le diminuzioni della produzione alimentare erano state del tutto episodiche e non avevano mai superato uno o due decimali di punto.
Il settore aveva sempre coniugato, in sostanza, grande solidita' espansiva a tassi di sviluppo di lungo periodo superiori alla media dell'industria del Paese.
E' quanto emerge dal bilancio dell'industria alimentare presentato da federalimentare, che analizza i dati del 2009 ed i bilancio 2010. Malgrado la leggera diminuzione del 2008 - e quella un po' piu' marcata del 2009 - l'industria alimentare ha evidenziato sul passo lungo trend decisamente piu' brillanti rispetto al totale industria del Paese. Sull'arco 2000-2009, la produzione alimentare e' cresciuta infatti del +9,8%, a fronte dell'arretramento del -18,0% del totale industria nazionale.
E' di tutta evidenza, quindi, che in un anno profondamente critico come il 2009 le note doti anticicliche del settore si sono ampiamente confermate, con l'apertura di forbici vistose rispetto ai trend del totale industria manifatturiera del Paese. Va pure aggiunto che la dinamica produttiva del settore, dopo avere esordito con cali a due cifre a inizio anno e avere oscillato su tendenziali tra il -4% e il -5% tra aprile e giugno, a partire dal luglio 2009 ha ridotto in modo progressivo le precedenti erosioni. Il fenomeno fa intuire che la fase recessiva piu' forte, legata alle discese dei mercati nazionale e internazionale, potrebbe essere alle spalle. E' prevedibile percio' che il consuntivo di produzione definitivo 2009 possa chiudersi con una variazione negativa limitata, pari al -1,8%: ancora piu' ridotta quindi di quella risultante sugli undici mesi.
A livello di comparti, va segnalata la buona dinamica produttiva 2009 del settore oleario, che nei primi undici mesi dell'anno ha registrato un brillante +5,2%, seguito dal comparto delle fette biscottate e dalla pasticceria conservata (+2,8%), oltre che dalla distillazione miscelatura degli alcolici (+4,5%). "Tengono", con variazioni marginali oscillanti attorno allo zero; il vino (+0,8%), il molitorio (-0,1%), la lavorazione di carne e derivati (-0,9%). In flessione marcata, invece, i succhi frutta (-11,8%), i condimenti e spezie (-12,9%), l'alimentazione e i gelati (-7,3%). Il dato ufficiale sull'alimentazione animale (-10,9%) appare non centrato all'associazione di categoria competente, che stima un consuntivo a fine anno tra il -3 e il -4%. Con tassi analoghi spiccano anche il comparto cioccolatiero (-4,6%), il pane e i prodotti di pasticceria freschi (-5,9%) e il lattiero-caseario (-3,2%). Da segnalare, in particolare, il ritrovato trend espansivo del segmento dei "piatti pronti" che, con un +1,6% sugli undici mesi, evidenzia, al di la' della crisi presente, una tendenza di fondo del mercato: quella che premia i prodotti innovativi e con piu' elevato contenuto di servizio. Il 2010 dovrebbe vedere il ritorno della produzione alimentare ai livelli del 2008, in prossimita' quindi dei massimi storici toccati nel 2007. L'export dovrebbe recuperare quasi per intero, nel corso dell'anno, il calo emerso nel 2009, per riprendere poi nel biennio 2011-2012, seppur con tassi modesti, il trend espansivo che l'ha caratterizzato fino al 2008. Anche le vendite 2010 dovrebbero tonificarsi, pur se in misura ridotta rispetto ai miglioramenti che dovrebbero emergere sul fronte della produzione e dell'export. E' evidente che la fase presente, di difficolta' generalizzata, deve essere utilizzata per ottimizzare i rapporti sul mercato interno e internazionale. I rapporti di filiera, infatti, spesso non sono equilibrati e sufficientemente trasparenti. La GDO esercita forti pressioni sui prezzi riconosciuti ai produttori e pratiche contrattuali che talvolta esulano da una equilibrata remunerazione dei fattori. Sono prassi che si scaricano in modo pericoloso sulla tenuta dei margini, specie della fascia delle PMI, e che si riflettono sulla stessa tipologia qualitativa dei prodotti, come dimostra la segnalata erosione del valore aggiunto emersa in tempi non sospetti, prima della crisi economica attuale. L'attuale stato di crisi impone inoltre l'accelerazione degli sforzi promozionali all'estero. In generale, occorre sfruttare la crisi per portare a compimento obiettivi di efficienza, competitivita', logistica fin qui disattesi, in chiave di sistema e nell'area delle PMI. La flessione delle economie e dei mercati, infatti, sara' lunga, e la ripresa vedra' alla fine l'asticella della competizione posta piu' in alto, fra aziende dinamiche e forti, "selezionate" dalla crisi e distintive nei prodotti.