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Olio, come esportare negli Usa
Su oltre un miliardo e 90milioni di euro di valore di olio di oliva in generale esportato negli Usa nel 2014, ben 526,15 milioni di euro sono rappresentati da prodotto targato made in Italy. Gli Usa si confermano ancora una volta il Paese di sbocco principale per i nostri oli extra vergine di oliva e proprio al mercato statunitense è dedicato uno dei tre seminari organizzati da Unaprol con la collaborazione di Agenzia Ice a Tuttofood
Dal focus emerge che per avere accesso al mercato dei prodotti agroalimentari negli Usa è necessario entrare nel sistema della distribuzione, in cui l’importatore è il riferimento prioritario per l’introduzione della merce importata. L’importatore assume il rischio per l’importazione, provvede all’acquisto, all’importazione e allo sdoganamento e al pagamento dei dazi doganali ed eventuali altre tasse Federali. I prodotti normalmente vengono poi rivenduti ad una rete di distributori i quali, a loro volta, riforniscono gli operatori al dettaglio (supermercati, negozi discount, specialty stores, ristoranti, mense, alberghi, monopoli statali, ecc.).
Numerose aziende esportatrici italiane, ha riferito Vincenza Kelly trade analyst dell’ufficio Agenzia Ice di New York, hanno fatto ricorso alla formula della joint venture con importatori americani, oppure hanno aperto proprie filiali di vendita negli Usa. Ciò ha permesso all’esportatore italiano di eliminare il mark-up sul prezzo di partenza applicato da importatori americani e di potere arrivare così a offrire il prodotto alle catene di vendita al dettaglio a prezzi molto più competitivi e con maggiori margini di profitto.
Le prospettive in questo settore rimangono positive per gli esportatori italiani a condizione che si continui a garantire la competitività dei propri prodotti, sia relativamente alla leva del prezzo che a quella della qualità, in quanto il livello di concorrenza sul mercato è molto elevato. Inoltre, negli Usa esiste un segmento di prodotti locali “Italian Style” che riesce a soddisfare una grande parte della domanda per cibi “italiani”. Si rende, quindi, sempre più necessario per le aziende “distinguersi” sul mercato, magari facendo sistema, per tenere alto l’interesse verso gli autentici prodotti agroalimentari “Made in Italy”. Indirizzi di saluto sono stati porti all’inizio dei lavori da Guido Magnoni, dell’ufficio Agroalimentari e Vini di Roma e da Pietro Sandali direttore generale di Unaprol.
Etichetta: ecco alcuni consigli per esportare correttamente negli Usa olio extra vergine di oliva
Le seguenti indicazioni obbligatorie dovranno essere riportate sull’etichetta principale, in lingua inglese e parallelamente alla base del contenitore. Se alcuni dati sono indicati in inglese e in italiano, tutta l’etichetta dovrà essere bilingue.
- Nome del prodotto: es. “Olive Oil,” “Extra Virgin Olive Oil”, ecc.
- Paese d’origine: La menzione è richiesta dai servizi doganali per tutti i prodotti importati. Il recipiente deve portare ben chiara la dicitura “ITALY,” oppure “Product of Italy,” o anche “Bottled in Italy.”
- Contenuto netto: La capacità del recipiente va indicata con la dizione “Net content...” espressa in galloni o, se inferiore al gallone, in once fluide (fl. oz.) e in pinte. Ora che le misure metriche si stanno diffondendo anche in America è bene indicare il contenuto anche in litri o sottomultipli.
- Nome e indirizzo del produttore o del distributore
- Per poter apporre sull’etichetta la dicitura “Olio di oliva,” la confezione deve contenere olio di oliva al 100 %. Se all’olio di oliva è stato aggiunto olio di altra natura, è fatto obbligo di indicare che la confezione contiene una miscela di X% di olio di oliva e di Y% di altro olio (indicare la natura). Va da se che in questo caso l’etichetta non può riportare la semplice indicazione “Olio di oliva.”