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Prosciutto di Parma Dop
E’ un prodotto di salumeria dalla forma tondeggiante, ottenuto dalle cosce dei suini. La parte del taglio, effettuato per separare la coscia dalla mezzena, viene protetta da un sottile strato di sugna costituito da un impasto di grasso animale e sale e, eventualmente, pepe e farina di riso. Tutto il resto è ricoperto dalla cotenna. Una volta affettato, il prosciutto presenta un colore uniforme tra il rosa e il rosso, inframmezzato dal bianco puro delle parti grasse. Il sapore è delicato e dolce, poco salato e con aroma fragrante.
Zona di produzione
Comprende il territorio della provincia di Parma posto ad almeno 5 Km a Sud della via Emilia, delimitato ad est dal corso del fiume Enza e ad ovest dal corso del torrente Stirone. La zona di produzione della materia prima interessa invece il territorio amministrativo delle seguenti Regioni: Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio.
Storia
Il termine “prosciutto” deriva dal latino “prae exuctus”, prosciugato. In seguito alla distribuzione delle saline di Cervia (secolo XIV), Parma iniziò a utilizzare il sale proveniente dai pozzi della località termale di Salsomaggiore. Ricco di sodio, bromo, zolfo e nitriti, questo sale bloccava facilmente lo sviluppo di batteri, portando i contadini a conservare ogni tipo di carne, dalla fettina più sottile fino alla spalla o alla coscia.
Galli e Romani già conoscevano l’arte di salare e conservare gli insaccati e presto si comincia a parlare di prosciutto. Testimonianze sulla produzione compaiono negli scritti di Catone nel II secolo a.C., senza contare che, dopo la caduta del Regno Longobardo (774 d.C.) il Magister Porcarium ricopriva una posizione pari a quella di un maestro artigiano e di gran lunga superiore a quella di maestro pecoraio.
A partire dall’anno 1000, Parma e la sua campagna iniziano a cambiare fisionomia: si riducono i boschi, aumentano gli spazi dedicati alla coltura dei cereali e il pane comincia a sostituire la carne, penalizzata dalle numerose tasse imposte agli allevatori. E’ in questo periodo che il prosciutto si caratterizza come alimento pregiato.
Tra il Due e il Trecento si forma a Parma la Corporazione dei Beccai, che si occupava della vendita della carne suina. Nel 1459 i Lardaroli, coloro che ammazzano il maiale e ne salano le carni, si staccano ufficialmente dalla Corporazione.
Risale al Cinquecento però una delle prime testimonianze sul Prosciutto di Parma, di cui parla, in una poesia, Pomponio Torelli.
Sempre al Cinquecento risalgono numerose leggi che proibiscono la libera circolazione dei maiali in città, segnale che l’allevamento dei suini, anche domestico e privato, doveva essere molto sviluppato nella zona. Fino al 1803 ci sono tracce di avvisi che ricordano ai cittadini il divieto di “circolazione” dei maiali in città.
Il Prosciutto continua la sua ascesa sulle tavole dei nobili e signori, fino ad arrivare a Palazzo Farnese a Roma in occasione della visita della Regina Cristina di Svezia a Papa Alessandro VII.