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Trend & Mercati

Vino, negli Usa le vendite si spostano su prezzi medio-bassi

 L'export del vino italiano in America, paese epicentro della crisi economica mondiale, non e' stato cosi' drammatico o, almeno, ha evidenziato un risultato contrastante, chiudendosi con un +13% in quantita' e -11% in valore (dati: Italian Wine & Food Institute). Il risultato e' figlio di un trend ormai conclamato che vede espandersi negli Usa il consumo dei vini di
importazione, ma che al contempo privilegia quelli con i prezzi piu'
competitivi. Una tendenza che, evidentemente, non ha risparmiato il
vino tricolore, che ha visto passare i prezzi medi all'origine dei
prodotti importati nel 2009 a 4,91 dollari, contro i 5,26 dollari del
2008 (dati: Italian Wine & Food Institute). E' quanto sottolinea
Winenews, la rivista on line dell'enologia che ha svolto una
fotografia dell'andamento. Nel dettaglio, crescono molto bene le vendite dei vini italiani sotto i 20 dollari di prezzo al dettaglio (con un trend ancora piu'
positivo per quelli sotto i 15 dollari, mentre quelli sotto i 10
addirittura volano), trainati dal Pinot Grigio, ormai un vero e
proprio ''marchio'' di successo a se stante nel mercato a stelle e
strisce, e dal Prosecco, capace di erodere le quote di mercato perdute
dallo Champagne, decisamente in crisi di consenso tra i consumatori
americani. Dal fronte delle denominazioni, stanno andando molto bene i
vini veneti, specialmente quelli prodotti in Valpolicella, con i rossi
da ripasso, e il gia' citato Prosecco. Altrettanto buono il bilancio
per i vini abruzzesi e per quelli prodotti in Sicilia, Sardegna,
Campania, Puglia e Calabria, che riescono a sfruttare al meglio il
loro ottimo rapporto qualita'/prezzo e l'appeal originato dai loro
vitigni di antica coltivazione, dal Montepulciano all'Aglianico, dal
Nero d'Avola al Cannonau, dal Primitivo al Negroamaro, confermando
l'interesse sempre crescente da parte del consumatore americano nei
riguardi della grande ricchezza ampelografica del Bel Paese.

Non riescono invece ad ottenere lo stesso successo gli ''organic
wine'' made in Italy, i vini cioe' ottenuti da agricoltura biologica,
che ancora non sono riusciti a catturare l'interesse del trade e della
stampa Usa. Lo spostamento dei consumi verso fasce di prezzo piu'
abbordabili non aiuta neppure le denominazioni piu' blasonate del
Belpaese. E cosi' Brunello, Barolo, Chianti Classico Riserva ecc.
stanno soffrendo molto. Resistono solo pochi grandi nomi prodotti in
quantita' veramente minuscole, che vanno a collezionisti affezionati.


''Il consumo di vino continua a crescere - spiega
Leonardo Locascio, presidente di Winebow, uno degli importatori di
vini italiani piu' importanti - ma si e' spostato su prezzi medi piu'
bassi. Un fenomeno che interessa i vini di tutto il mondo. In piu', si
e' aggiunto un ostacolo nuovo: consumare generi di lusso nella moda
come nel vino e' out e non piu' trendy, e questo fenomeno interessa
anche chi non ha problemi di soldi. La situazione generale sta
lentamente migliorando, nel senso che distributori ed enoteche stanno
tornando ad acquistare dopo aver sensibilmente ridotto i loro stocks,
e la ristorazione sta riprendendo - conclude Locascio - La fine della
recessione portera' sicuramente un incremento di consumi, ma dubito
che si torni presto ai prezzi medi del 2004-2008''.

Ma l'universo Usa, il mercato dei mercati, resta sicuramente
decisivo per l'Italia del vino e le sue dinamiche interne, nel loro
reale evolversi, rappresentano una informazione decisiva per le
imprese del vino del Belpaese. In questo senso i segnali che, per
esempio, emergono da uno studio dello scorso maggio del London
International Wine Fair confermano che il comparto vino italiano deve
ancora lavorare parecchio, ma con ampi spazi di ulteriore crescita.

Negli Stati Uniti, infatti, la scelta di un vino passa per il
vitigno (76% della quota dei consumatori), passaparola (74%),
conoscenza del marchio (68%), offerte speciali (60%), paese di
provenienza (49%), raccomandazione del venditore (47%), regione di
provenienza (46%), raccomandazione dei giornalisti (35%), design
bottiglia/etichetta (31%), raccomandazione guide (29%), contenuto di
alcol (28%), premi (21%). L'affinita' culturale sulle regioni
produttrici di vino vede in Usa primeggiare l'Australia (73% quota dei
consumatori), Italia (71%), Nuova Zelanda (61%), Spagna (56%),
Germania (49%), Francia (46%), Portogallo (43%), Argentina (32%), Cile
(29%), Sud Africa (21%). Il livello di conoscenza delle denominazioni
da parte del consumatore americano vede al primo posto Napa Valley
(95% della quota dei consumatori), Bordeaux (80%), Champagne (75%),
Burgundy (73%), Chablis (69%), Chianti (67%), Beaujolais (50%),
Provence (43%), Alsazia (32%), Cotes du Rhone (31%), Loira (29%),
Rioja (25%), Prosecco, Cava (17%), Languedoc (13%), Malborough, (12%)
Barossa Valley (10%).

in data:05/07/2010

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