Organizzazioni Agricole
Olio, il mercato registra un calo di vendite pari al 10,6%
Un 2009 difficile, un 2010 ancora in salita. Le aziende, pero', non stanno a guardare e reagiscono alla crisi. E' questa la situazione del settore oleario, descritta dal Monitoraggio degli oli d'oliva e di sansa, che ASSITOL, l'Associazione Italiana dell'Industria Olearia, ha presentato oggi a Roma.
Secondo l'indagine, effettuata in collaborazione con l'Unione Europea, nel 2009 le vendite di olio confezionato dalle imprese associate per il mercato interno hanno registrato un calo pari al 10,6%. Il dato negativo non e' frutto esclusivo della non facile situazione di mercato ma, in buona parte, dell'uscita di una marca nazionale dal panel delle aziende monitorate durante il 2009. Il calo reale, tuttavia, e' superiore quello rilevato in ambito nazionale anche da altre fonti (Istat, Nielsen). Inoltre, sulle cifre del Monitoraggio hanno fatto sentire il loro peso sia il fenomeno del destoccaggio, sia un reale calo dei consumi.
Tuttavia sia i dati ASSITOL che quelli di altri enti confermano in diminuzione la quota di mercato dell'olio d'oliva. E anche per l'extravergine il 2009 si chiude in perdita.
Unici a poter vantare il segno "+" sono i prodotti di nicchia: gli oli biologici (+10%), e l'olio "100% italiano" i quali, peraltro, non coprono piu' del 7% delle vendite complessive. Per giunta, DOP/IGP, biologico e il "tutto italiano" perdono quota nella Grande Distribuzione (-6%), vale a dire nel piu' importante canale di commercializzazione.
Questi dati dimostrano che e' soprattutto la crisi economica a condizionare la scelta del consumatore, piu' che le campagne mediatiche a favore del "Made in Italy" o l'origine in etichetta, a tutto vantaggio dei prodotti venduti a prezzi piu' convenienti. A fronte di costi piu' contenuti, dovuti, tra l'altro, al forte quantitativo di materia prima presente sul mercato, le vendite pero' non sono aumentate, poiche' la contrazione dei consumi ha depresso ancor di piu' il mercato.
Sul mercato italiano l'extravergine resta il segmento privilegiato, scelto nel 93,5% dei casi. DOP/IGP e biologico rappresentano rispettivamente lo 0,4 e lo 0,8% delle vendite complessive. Il consumatore si rivolgere sempre piu' spesso alla GDO, che assorbe i 2/3 dell'offerta nazionale.Per l'export, il 2009 si e' rivelato un anno non proprio brillante.
Le vendite sono in calo su tutte le varieta' (-9%), soprattutto per l'oliva, che ha perso il 14%. Il dato e' negativo, soprattutto se si pensa che la propensione all'export delle aziende italiane resta molto alta: oltre il 60% delle realta' sceglie di commercializzare all'estero quote di produzione piu' alte rispetto a quelle destinate per il mercato interno.
Nei primi mesi del 2010 ASSITOL ha rilevato qualche segnale positivo, anche se e' ancora presto per parlare di ripresa. Ad aprile, l'intero comparto (extra, oliva, sansa), vede un aumento sul mercato nazionale dello 0,7 (+8,2 nella GDO). In particolare l'extravergine convenzionale cresce di quasi il 7%. Continua, invece, il ribasso dell'olio d'oliva (-18,9), in calo anche il sansa (-21%). In crescita invece l'olio a denominazione italiana, seppure su volumi minimi.
Nessuna novita' di rilievo per l'export, dove il comparto guadagna un +0,3. Qui a perdere sono l'oliva (-8%), il biologico (-65%), il 100% italiano (-14,5%). A guadagnare e' soprattutto l'olio convenzionale - quasi il 9% - e anche le Dop/IGP. Tuttavia, se si osserva il dato dall'inizio della campagna olearia rispetto a quella precedente, queste piccole note positive si affievoliscono: il calo delle vendite interne e' pari all'8,3% (-9,3 per l'export). L'onda lunga della crisi economica continua a persistere.
Sull'export, pesa inoltre un ulteriore elemento di difficolta', gia' denunciato dall'Associazione: la progressiva perdita di competitivita' nei confronti di una concorrenza straniera sempre piu' forte, capace di aggredire il prodotto italiano su piu' fronti. Puntare sull'appeal del "Made in Italy", come mostrano gli stessi risultati del Monitoraggio, non si e' rivelato vincente. In tal senso, va sottolineato come, a distanza di quasi un anno dall'entrata in vigore, il Regolamento UE sull'etichettatura d'origine non ha apportato il valore aggiunto auspicato dagli operatori. In particolare, il decreto ministeriale del 10 novembre 2009, emanato nonostante l'immediata applicabilita' del Regolamento, ha introdotto una serie di obblighi burocratici sui libri di carico e scarico e sulla trasmissione telematiche dei dati, che hanno reso piu' onerosa l'attivita' delle imprese. Al contrario, i confezionatori spagnoli, nostri tradizionali concorrenti, ma anche quelli emergenti, come il Cile, l'Australia e la Tunisia, hanno visto crescere i volumi delle esportazioni puntando su politiche di promozione e su prezzi concorrenziali, senza il peso della burocrazia e di "guerre" di filiera. Un esempio e' quello della Spagna che, nei primi mesi del 2010, ha visto crescere il settore del confezionamento del 6%, con l'export in aumento del 18% in piu' rispetto allo scorso anno.
Un altro caso che fa riflettere riguarda le importazioni di olio negli Stati Uniti che, finora, avevano visto la netta preponderanza italiana.
Nel periodo 2003-2009, secondo i dati di Bruxelles, l'import statunitense ha superato le 250mila tonnellate, grazie all'apporto non soltanto di Italia e Spagna, ma dei Paesi emergenti. Non a caso, la quota di mercato italiana negli Usa e' scesa al 56% (era al 63% nel 2003), mentre proprio la Tunisia ha conquistato il 16%, con una crescita nel 2009 di 35mila tonnellate di prodotto esportato in America. Un vero e proprio boom, che sorprende ancor di piu' se si pensa che l'industria tunisina non puo' contare sulla rete di distribuzione e sui rapporti commerciali che soprattutto le aziende italiane hanno costruito in decenni di lavoro sul campo.
Nuovi oneri burocratici, obblighi inutili, scarsa sensibilita' istituzionale ai reali problemi del comparto e l'assenza di un'intesa reale con la controparte agricola della filiera: tutto questo, sommato ai problemi del sistema-Italia, sembra concorrere a rendere sempre piu' difficile l'attivita' degli operatori che, lo ricordiamo, gestiscono uno degli "asset" nazionali per eccellenza