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“EatStory”, il menù Pompeiano torna protagonista
Grazie alla collaborazione tra la Direzione Generale del Grande Progetto Pompei, la Soprintendenza Speciale di Pompei e la Coldiretti per tre mesi di potranno degustare le ricette del passato
Roma- Torna in primo piano il tipico menù Pompeiano. Per almeno i prossimi tre mesi, ogni martedì e sabato, negli orari di apertura degli scavi archeologici di Pompei, alla Casina dell’Aquila, si potranno degustare ricette di piatti secondo le modalità del passato nel contesto storico originale. L’iniziativa, denominata “EatStory - da noi il cibo ha una storia”, nasce dalla collaborazione tra la Direzione Generale del Grande Progetto Pompei, la Soprintendenza Speciale di Pompei e la Coldiretti nel più ampio quadro del rilancio economico-sociale e la riqualificazione ambientale e urbanistica dei comuni interessati dal piano di gestione del sito Unesco “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”.
L’esperienza sarà proposta dagli agricoltori di Campagna Amica che offriranno cibi e prodotti della zona preparati secondo le ricette dell’antica Pompei, ma anche l’opportunità di apprendere e partecipare direttamente ad attività di coltivazione, trasformazione e conservazione dei prodotti locali. Per il debutto del progetto è stato proposto come antipasto (gustum) “scriblita” (focaccia con spezie) “caseus” (ricotta) “caseus caprinus” (formaggio di capra), “brassica pompeiana“ (cavolo pompeiano in salsa di garum) e “cucurbitas frictas” (zucca fritta). La portata principale (mensae primae) è stata a base di “porcellum assus“ (maialino arrostito), “esicia omentata” (polpette avvolte nell’omento, ovvero la rete di maiale) e “patina de apua fricta” (torta di acciughe fritte) mentre come dolce e frutta (mensa secondae) sono stati serviti “mala” (mele annurche), “mala granata” (melograni), “pira” (pere), “uvae” (uva), “caricae” (fichi secchi) del Cilento e “basynias” (struffoli) come dolce, ma anche noci, nocciole e mandorle campane. Il tutto innaffiato da vino (“vinum”) “falernum rubrum” (falerno del massico rosso) e “vinum passim” (vino passito) e “panis Pompeii”.
Dai reperti- si spiega in una nota- emerge che l'alimentazione dei pompeiani era a base di verdura e frutta che venivano vendute in gran quantità nelle botteghe insieme all'olio. Plinio il Vecchio classificò circa 1000 piante commestibili, con le quali si producevano vari tipi di lattuga, cicoria, cipolle e aglio, broccoli di rapa, basilico, carote, crescione, porri, meloni, piselli, ceci, lenticchie, noci, nocciole, mandorle, e diversi tipi di frutta fresca: mele, melograni, pere, uva e fichi. Qualche anno prima della catastrofica eruzione del 79 d.C., vennero importati a Pompei il ciliegio, l'albicocco, e il pesco