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Agricoltura, torna in primo piano la piaga di Rosarno

Gli immigrati protestano a Roma contro la precarietà del lavoro. Per ogni cento cassette di kiwi, mandarini o arance raccolte la paga è di venti euro al giorno. Ricevuta al Mipaaf una delegazione di clandestini

Roma - Venti euro al giorno di cui cinque da dare al caporale: questo il prezzo pattuito per raccogliere 100 cassette di kiwi, mandarini o arance. La denuncia è stata fatta in queste ore a Roma dai rappresentanti del movimento di Rosarno e da immigrati che hanno manifestato, a un anno dalla rivolta di Rosarno (Reggio Calabria), davanti al ministero per le Politiche agricole. Le loro richieste, fatte a colpi di slogan (''Basta lavoro in nero'', ''non vogliamo più essere clandestini'', ''la gente come noi non molla'') è quella di avere un lavoro in regola e più sicurezza in tutti i campi di lavoro italiani. Intanto nelle stesse ore anche a Rosarno i braccianti africani hanno ripercorso le vie del paese, da cui avevano dovuto allontanarsi 12 mesi fa, in seguito ai disordini che li avevano contrapposti alla polazione locale e causato il ferimento di 53 persone.

Per questo, a distanza di un anno dalle proteste di Rosarno provocate dalle cattive condizioni di lavoro relativamente al comparto agricolo, è stata ricevuta nella sede del dicastero di via XX Settenbre, su indicazione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Giancarlo Galan e senza che fosse stato richiesto alcun incontro, una delegazione dei lavoratori extracomunitari che hanno organizzato la manifestazione di protesta.

 In particolare il ministro Giancarlo Galan  ha colto l'occasione dell’incontro per sottolineare ancora una volta il valore sia politico che etico, nonché sociale, di questioni che coinvolgono lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura, siano questi regolari oppure clandestini. Infatti, al di là dell’ inflessibile rispetto della legge, non è accettabile - ha commentato Galan -  chiudere gli occhi di fronte a episodi di violenza e di sfruttamento che rendono tra l’altro insicure alcune aree agricole del nostro Paese, dove, appunto, più forte è la presenza di lavoratori extracomunitari.

In ogni caso, si tratta di questioni assai rilevanti e che andrebbero affrontate - ha proseguito -  con interventi e decisioni coordinate tra il Ministero delle politiche agricole, il Ministero degli affari regionali, il Ministero dell’Interno e i Presidenti di Regione interessati dal fenomeno. Per fortuna, da un anno a questa parte c’è stata una forte reazione civile e politica a sostegno delle richieste di chi lavora nel rispetto della legge, un rispetto che deve esserci sia da parte di chi assume lavoratori, sia da parte degli stessi lavoratori sia delle istituzioni.

Più che opportuno, per esempio, mi appare il contenuto del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri datato 30 novembre 2010 e pubblicato sulla gazzetta ufficiale in data 31 dicembre 2010. Questo decreto - ha concluso il ministro- stabilisce che il datore di lavoro intenzionato a presentare la domanda di ingresso di un cittadino extracomunitario deve poter dimostrare di avere reddito adeguato e soprattutto la disponibilità di un alloggio idoneo per la persona o le persone che intende assumere. Per concludere, è indispensabile compiere per davvero un’opera di pulizia politica ed etica contro il lavoro nero, contro il persistente fenomeno del caporalato, contro chiunque sfrutti uomini e donne che spesso si trovano a vivere e a lavorare nel nostro Paese indifesi contro tutti e contro tutto”.

Sulla faccenda è intervenuta anche la Coldiretti. E’ necessario – ha detto l’organizzazione agricola - rompere la catena dello sfruttamento che inizia con gli agrumi calabresi per la produzione dei succhi che vengono sottopagati appena 7 centesimi al chilo, ben al di sotto dei costi di produzione, mentre sul mercato sono “spacciate” come Made in Italy bevande ottenute da prodotti spremuti ed importati da Paesi lontani senza indicazione in etichetta. Coldiretti sottolinea inoltre che va combattuto senza tregua il becero sfruttamento che colpisce la componente piu' debole dei lavoratori agricoli come gli immigrati, ma anche le imprese agricole oneste che subiscono la pressione di un contesto gravemente degradato dovuto ad un doppio furto, di identità e di valore, che subisce l’agricoltura italiana.

Vengono immessi in commercio bevande “spacciate” come Made in Italy che contengono in realtà succhi spremuti da agrumi importati da paesi lontani mentre la produzione nazionale è sottopagata e rimane sugli alberi - denuncia la Coldiretti - che ad un anno dai tragici fatti di Rosarno ha organizzato nella città l’incontro “Non lasciamo sola Rosarno….coltiviamo gli stessi interessi” con la presenza tra gli altri dei sindaci della provincia di Reggio Calabria, dei rappresentanti dell’Amministrazione Provinciale e di Associazioni del mondo ecclesiale, della Diocesi di Oppido-Palmi e di Mamma Africa.

Con la trasparenza e la legalità si può spezzare la catena di sfruttamento che sottopaga il lavoro e il suo prodotto come dimostrano - continua la Coldiretti - i tanti esempi virtuosi presenti nelle campagne italiane dove lavorano regolarmente circa 90mila immigrati extracomunitari, dei quali circa 15mila con contratti a tempo indeterminato, che contribuiscono in modo strutturale e determinante all'economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire il successo del Made in Italy alimentare nel mondo.

Per questo su un territorio che puo’ offrire grandi opportunità di crescita e lavoro va garantita la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che - conclude la Coldiretti - ha scelto con decisione la strada dell'attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale, al servizio del bene comune.

in data:07/01/2011

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