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Agromafie, giro d'affari da oltre 16 miliardi
Associazione per delinquere di stampo mafioso e camorristico, concorso in associazione mafiosa, truffa, estorsione, porto illegale di armi da fuoco, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, contraffazione di marchi, illecita concorrenza con minaccia o violenza etrasferimento fraudolento di valori sono le tipologie di illeciti riscontrate con più frequenza da parte delle organizzazioni criminali operanti nel settore agroalimentare con il business delle Agromafie che ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015. E’ quanto è emerso all’incontro di presentazione del quarto Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni.
Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano- si legge in una nota- di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy.
Sono centomila i controlli effettuati dalle forze dell’ordine nel 2015 per combattere le agromafie dal campo allo scaffale e garantire all’Italia il primato nella qualita’ e nella sicurezza alimentare. ll valore totale dei sequestri nel 2015 è stato di 436 milioni di euro con il 24% nella ristorazione, il 18% nel settore della carne e salumi, l’11% in quello delle farine, del pane e della pasta, ma settori sensibili sono, a seguire, quelli del vino, del latte e formaggi e dei grassi e oli come quello di oliva.