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Ai massimi storici l'indice Fao dei prezzi alimentari

Raggiunti a dicembre i 214,7 punti contro i 206 di novembre

Roma - La corsa al rialzo non si ferma. L'indice dei prezzi alimentari Fao (Ffp) ha infatti raggiunto, dopo una crescita senza freni negli ultimi sei mesi, i massimi storici a dicembre scorso toccando i 214,7 punti contro i 206 di novembre.

E’ – si legge in una nota – il livello più alto dal 1990 da quando ha avuto inizio la rilevazione. L'indice misura l'andamento mensile dei prezzi alimentari di un paniere che racchiude cereali, carne, zucchero, olio di semi e altri alimenti.

Preoccupazione per l'indice Fao è stata espressa da Coldiretti. I prezzi del grano - commenta l'organizzazione agricola -  sono attualmente inferiori del 40 per cento rispetto al valore record raggiunto nel marzo 2008.

Il grano, è stato quotato a inizio 2011 circa 8 dollari per bushel (22 centesimi al chilo) per le consegne a marzo, il 40 per cento in meno - sottolinea la Coldiretti - del massimo storico che è stato di circa 13 dollari per bushel nella primavera 2008. Una riduzione sostanziale si è verificata anche per il mais che - riferisce la Coldiretti - è oggi quotato circa 6,2 dollari per bushel mentre nel 2008 aveva raggiunto valori superiori ai 7,2 dollari per bushel.

L’aumento dei prezzi delle materie prime che si è verificato nel corso del 2010, che è stato pari del 25 per cento per il grano e del 30 per cento per il mais, non ha consentito sostiene la Coldiretti - di recuperare il calo subito negli anni precedenti. L’aumento dell’indice della Fao che comprende prodotti finite come latte, carne e zucchero è da imputarsi dunque - continua la Coldiretti - anche alle distorsioni nel passaggio degli alimenti dal campo alla tavola che colpiscono con forti rincari di prezzi a danno dei consumatori nei paesi sviluppati e nei paesi in via di sviluppo. Il problema - continua la Coldiretti - è quello di contenere la volatilità delle quotazioni dei prodotti agricoli che sono sempre più fortemente condizionate dai movimenti di capitale che si spostano con facilità dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle materie prime come grano, mais e soia.

Speculazioni sul cibo che stanno “giocando” senza regole sui prezzi delle materie prime agricole dove hanno provocato una grande volatilità impedendo la programmazione e mettendo a rischio le coltivazioni e l’allevamento in molti Paesi. Garantire la stabilità dei prezzi in un mercato a domanda rigida come quello alimentare è un obiettivo di interesse pubblico che - continua la Coldiretti - va sostenuto con l’introduzione di interventi di mercato innovativi come le assicurazioni sul reddito nell’ambito della riforma di mercato della politica agricola comune.

L'emergenza alimentare - sostiene ancora Coldiretti - non si risolve con i prezzi bassi all'origine per i produttori perche' questi non consentono all'agricoltura di sopravvivere e con la chiusura delle imprese destrutturano il sistema che non è piu' in grado di riprendersi anche in condizioni positive. Occorre investire nell'agricoltura delle diverse realtà del pianeta, dove servono prima di tutto politiche agricole regionali che sappiano potenziare le produzioni locali con la valorizzazione delle identità territoriali per sfuggire all'omologazione che deprime i prezzi e aumenta la dipendenza dall'estero. Alle agricolture di tutto il mondo - conclude Coldiretti - devono essere garantiti credito e investimenti adeguati se si vuole continuare a sfamare una popolazione che aumenta vertiginosamente, si devono applicare regole chiare per evitare che sul cibo si inneschino speculazioni vergognose, occorre garantire trasparenza e informazione ai consumatori.

 

Intanto, in queste ore, in Italia si è aperto il dibattito sulle commodities. L’aumento della domanda mondiale di beni alimentari sta superando l’offerta. Per molte commodities, in cui in Italia si è deficitari, sarà - dice Confagricoltura -  inevitabile una volatilità dei prezzi (con variazioni dei prezzi all’origine anche del 20% in aumento o in diminuzione) che metterà in difficoltà i produttori ma anche i consumatori. L'organizzazione agricola evidenzia inoltre come gli unici comparti alimentari in cui si è autosufficienti nel nostro Paese siano quelli di ortofrutta e vino che, guarda caso, sono quelli che fanno da traino dell’export del made in Italy alimentare (affermando lo “style Italia”).

Per le principali commodities (cereali, carni, latte, zucchero) in Italia si è dipendenti dal mercato globale. Rapportando la produzione nazionale al consumo nazionale emerge - prosegue ancora Confagricoltura -  che il 20% dei cereali manca all’appello facendo così lievitare l’import (il 50% del grano che si consuma). Cosi come manca circa il 10% del latte alimentare (ed il 25-35% di burro e formaggi), il 30% della carne suina, il 40% della carne bovina e ben il 70% dello zucchero e della soia. Ma c’è anche la produzione di olio di oliva che non arriva all’80% dei consumi.

“Si profila uno scenario che potrebbe scoraggiare invece che incentivare gli investimenti in agricoltura perché non ci sarebbero certezze, ma solo volatilità – precisa Confagricoltura -. Quindi, per non perdere l’appuntamento col mercato e riuscire a soddisfare i maggiori consumi occorre invece sostenere il settore agricolo in uno sforzo di crescita”.

Sottolinea infine l’organizzazione degli imprenditori agricoli: “L’agricoltura deve poter investire di più, aumentare il potenziale produttivo anche con misure finalizzate ad accrescere la dimensione economica dell’impresa, con la ricerca, l’innovazione di processo e di prodotto; deve riuscire a ridurre i costi a favore degli operatori. E bisogna creare le condizioni per un mercato ordinato e con regole certe. In questo panorama la politica agricola, comunitaria e nazionale, è essenziale”.

 

“Minore offerta, domanda in costante aumento e riduzione degli stock. Sono questi gli elementi che fanno temere - afferma il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi -  nuove possibili tensioni nel 2011 nei mercati delle commodities agricole (grano, mais, soia e zucchero) e, in particolare, portano a prevedere prezzi ancora in aumento rispetto ai livelli già elevati registrati nella seconda metà del 2010. Il rischio è quello di favorire misure neo-protezionistiche e di alimentare nuove manovre speculative che avranno effetti deleteri sia per i produttori agricoli che per i consumatori”.

“Ma anche in Italia -aggiunge Politi- potremo subire pesanti conseguenze. Il nostro Paese, fortemente dipendente dall’estero (per il 40 per cento di grano duro, per il 60 per cento per di grano tenero, per il 15 per cento di mais, per il 90 per cento di soia e per il 50 per cento di carni), corre il pericolo di pagare un conto salato sia in termini di maggiori costi (quelli delle imprese agricole registrano aumenti superi al 7 per cento) che di minore disponibilità”.

“Il dato che oggi emerge -sottolinea il presidente della Cia- è che per le principali commodities agricole esiste una forte relazione tra le dinamiche dei mercati mondiali e quello nazionale. L’‘incontrollata’ volatilità dei prezzi è la questione del sistema agroalimentare. È una questione che impone due comportamenti: allargare lo sguardo a quanto avviene sui mercati mondiali; indicare soluzioni strutturali per mettere in campo strumenti e regole di gestione dei mercati”.

“Le dinamiche dei prezzi delle principali commodities agricole -rileva Politi- sono state caratterizzate recentemente da due principali fenomeni. Il primo è da collegare all'evoluzione di alcune importanti variabili macroeconomiche. Il secondo attiene, invece, alle particolari condizioni in cui operano i mercati delle commodities agricole. E' opinione che solo dall'esame congiunto di entrambi i fattori sia possibile tracciare un quadro sull'evoluzione dei prezzi delle commodities nel 2011”.

“E' noto che -rimarca il presidente della Cia- il ciclo dei prezzi in dollari delle commodities è fortemente condizionato dalle dinamiche del tasso di cambio del dollaro. Una prima considerazione che si può trarre è, quindi, quella che se nel 2011 assisteremo a ulteriori deprezzamenti della valuta Usa, i prezzi delle commodities agricole (espresse in dollari) non potranno non risentirne, accentuando una spinta al rialzo che ha già caratterizzato il secondo semestre del 2010. Un secondo fattore macroeconomico è legato alla politica monetaria cinese. I recenti problemi di inflazione, soprattutto nella componente alimentare, hanno portato Pechino ad intraprendere politiche valutarie più restrittive. Se tali politiche divenissero più aggressive nel 2011 e incidessero sulla domanda cinese, ciò potrebbe, invece, costituire un freno alla dinamica dei prezzi delle commodities”.

“Comunque, una delle cause dell'incremento dei prezzi delle commodities cerealicole nella seconda metà del 2010 è da attribuire -dice Politi- ai problemi di siccità in Russia e Ucraina. Questioni hanno portato ad una forte riduzione della produzione cerealicola e hanno indotto questi paesi ad un blocco dell'export per tutto il 2010. Diversi segnali indicano che tale blocco sarà esteso anche al primo semestre del 2011. La minore produzione della Russia e dell'Ucraina non verrà compensata, se non parzialmente, da una maggiore offerta. Infatti, le ultime previsioni, indicano per la campagna 2010/2011 una riduzione dell'offerta mondiale di frumento (834 milioni di tonnellate nel 2011 contro gli 848 milioni di tonnellate nella campagna 2009/2010) e una maggiore domanda sempre per il periodo 2010/2011 (665 milioni di tonnellate contro i 652 milioni nel periodo 2009/2010). I due fenomeni porteranno, dunque, ad una riduzione delle scorte cerealicole mondiali”.

“E' possibile, inoltre, che in tale scenario -sostiene il presidente della Cia- possano intervenire fattori legati alla speculazione finanziaria che, anche se i pareri tra gli economisti sono contrastanti, sembra abbia avuto un ruolo nel condizionare i prezzi delle commodities durante la ‘bolla’ del 2007-2008. Secondo un recente studio, oggi l'ammontare di fondi istituzionali e monetari investiti in commodities è pari a 320 miliardi di dollari, importi di 30 volte superiori se confrontati rispetto ai livelli del 2003. Prospettive di incrementi dei prezzi potrebbero innescare fenomeni puramente speculativi con ulteriori spinte verso l’alto dei prezzi”.

“Davanti a questa possibile nuova escalation che ancora una volta può sconvolgere gli equilibri commerciali mondiali, l’Europa -conclude Politi- deve cominciare a correre ai ripari, cercando di evitare quanto accaduto nel 2007-2008. Prima di tutto bisogna impegnarsi per evitare che alcuni paesi tornino ad alzare le barriere doganali e rilancino la politica dei dazi che non farebbero altro che alimentare un ritorno al protezionismo che in questa particolare fase avrebbe effetti devastanti, sia in termini inflazionistici che monetari. Occorre imboccare altre strade. Nella discussione della riforma della Politica agricola comune post 2013 bisogna guardare con maggiore attenzione agli approvvigionamenti. Non è, infatti, possibile che un colosso mondiale come l’Europa non debba avere scorte alimentari. Bisogna, pertanto, procedere su strade diverse. La questione degli approvvigionamenti diviene di primaria importanza, non solo per soddisfare le esigenze dei consumatori, ma anche per dare certezze ai produttori agricoli. Da qui l’opportunità di un adeguato Piano”.

in data:05/01/2011

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