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Brandy "tarocco": il Belpaese non ci sta più. Chiesto l'intervento di Bruxelles
I distillatori della penisola invocano la procedura di infrazione contro altri Paesi dell’Unione europea che non rispettano le regole sull'invecchiamento provocando gravi distorsioni nel mercato
Roma- Questa volta non si limiteranno solo ad alzare la voce, ma chiederanno una procedura di infrazione contro gli Stati membri dell’Unione europea che non rispettano le regole sull'invecchiamento del brandy. A fare l’istanza sarà AssoDistil, l'associazione dei distillatori italiani, che conduce da tempo la battaglia a difesa della prestigiosa acquavite, con il sostegno convinto della Cedivi, la confederazione europea dei distillatori vitivinicoli. L’iniziativa è stata ufficializzata a Roma in occasione dell'assemblea annuale dei distillatori. Ma già da alcuni mesi, l'associazione degli imprenditori di settore ha denunciato alla Commissione Europea la pesante situazione che si è creata intorno al prestigioso distillato.
“A differenza dell'Italia – ha spiegato Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil – alcuni Stati della Ue di grande tradizione vinicola, in particolare la Spagna, non effettuano alcun controllo sull'invecchiamento sulle bevande spiritose”. Ciò consente a parecchi operatori con pochi scrupoli del settore di immettere sul mercato prodotti a prezzi stracciati proprio perché “invecchiati” per un periodo inferiore rispetto a quanto dichiarato nei documenti di accompagnamento o in etichetta.
“Una vera e propria concorrenza sleale – ha stigmatizzato il numero uno dei distillatori – che provoca una notevole distorsione del mercato. E' sempre più alta, infatti, la richiesta di prodotti invecchiati da parte del pubblico.
La situazione, negli ultimi due anni, si è ulteriormente aggravata con la forte oscillazione dei prezzi dei vini da tavola, materia prima per la produzione di brandy. In questo clima si inquadra anche l'ipotesi, ventilata da alcuni imprenditori spagnoli, di ammettere l'impiego di alcol di origine agricola per il brandy. “Sarebbe un vero e proprio declassamento – ha rilanciato Emaldi – al quale ci opponiamo con forza, in linea con la Cedivi. Il brandy non si tocca, non ne soffriremmo solo noi ma tutta la filiera vitivinicola italiana”.
Si spiega così l'urgenza della procedura d'infrazione richiesta da AssoDistil. Al momento, la Commissione Europea ha richiesto informazioni dettagliate a tutti gli Stati membri circa i controlli sull’invecchiamento dei brandy e sulle relative autorità preposte. “E' un primo passo, non è detto sia sufficiente – ha affermato il leader di AssoDistil – ci auguriamo che, a breve, la Commissione riesca a fornire a tutti i produttori seri le condizioni per una concorrenza leale, eliminando le distorsioni sul mercato”.
ACCISE SULL'ALCOL: AZIENDE IN CRISI E LAVORATORI A CASA PER COLPA DEGLI ULTIMI AUMENTI
Il leitmotiv è sempre lo stesso: anche per Assodistil il progressivo aumento delle accise ha eroso i fatturati aziendali, colpendo, in una sorta di effetto domino, i posti di lavoro ed i prezzi finali dei prodotti. Dopo Assobirra è l’ Associazione dei distillatori a lanciare il grido di allarme.
Carte alla mano e sulla base di uno studio effettuato dalla società di ricerche Format l’indagine congiunturale segnala che dall'aumento delle accise nel 2006 a quello dell'ottobre 2013, quasi un terzo dell'intero comparto delle bevande spiritose ha visto diminuire il giro d'affari, mentre 7 industriali su 10 identificano proprio la raffica di aumenti come prima causa della riduzione dei fatturati. E non basta: l'87% dei distillatori scaricherà sui prezzi dei prodotti il costo legato alle imposizioni fiscali, il 6,4 sugli occupati in azienda.
“I prezzi più alti provocheranno un'ulteriore contrazione delle vendite di distillati nazionali – ha spiegato Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil – mettendo a rischio la sopravvivenza delle nostre aziende”. In base ai dati dell'Osservatorio, per oltre il 40% degli imprenditori, il rischio di licenziamenti e, nella migliore delle ipotesi, blocco delle assunzioni è già una realtà. Nel breve periodo, non si prevedono miglioramenti. stigmatizza il presidente Emaldi
“Insomma, in un modo o nell'altro, la raffica di aumenti delle accise sull'alcol ha messo in crisi le distillerie italiane colpendo un pezzo importante del 'Made in Italy' agroalimentare”. Ecco perché il numero uno di AssoDistil ha chiesto ufficialmente “lo stop” dei prossimi aumenti delle accise, già previsti nel 2015.
A preoccupare ancora di più gli industriali del comparto, è l'insorgere di fenomeni criminosi come i furti d'alcol. Spiega infatti Daniele Nicolini, direttore dell'Associazione: ““L’aumento delle accise, oltre a generare fenomeni di produzioni clandestine e contrabbando di acquaviti, ha provocato una recrudescenza di furti di prodotti alcolici sfusi o imbottigliati, che avvengono talvolta con modalità violente”. In simili casi, ha precisato Nicolini, “oltre al danno, i distillatori devono sopportare anche la beffa trovandosi obbligati in ogni caso al pagamento dell’accisa come se il prodotto rubato fosse stato regolarmente immesso in consumo.
Per contrastare questa anomalia che penalizza fortemente gli imprenditori del settore, Assodistil chiede l'abbuono dell'imposta in tutti i casi in cui i procedimenti giudiziari dimostrino l’estraneità delle distillerie nelle fattispecie criminose.
Emaldi ha quindi auspicato “che il nuovo Governo alle prese con la revisione del Testo unico accise si mostri sensibile alle istanze della categoria e congeli i contenziosi in essere, nelle more dell’individuazione di soluzioni maggiormente equilibrate”.
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