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Compleanno a tinte fosche per la pizza margherita

Nel mese dei festeggiamenti per i 125 anni il rapporto-denuncia della Coldiretti sulla non italianità dei prodotti utilizzati per la composizione del genere alimentare apre un serio dibattito sulle materie prime

Roma- E' un compleanno a tinte fosche per la pizza margherita che compie 125 anni. Il dato ufficializzato da Coldiretti qualche giorno fa, se veritiero e confermato sul lungo termine, fa riflettere non poco sui motivi dei festeggiamenti e decisamente lascia un po’ l’amaro in bocca. L’organizzazione agricola di Palazzo Rospigliosi, pur ricordando per prima l’importante ricorrenza per tutto il Paese, ha presentato lo scorso 28 maggio a Napoli, culla della pizza italica, il rapporto “La crisi nel piatto degli italiani nel 2014” denunciando una situazione che di certo non fa piacere: quasi due su tre (63 per cento) delle pizze servite in Italia sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori. Insomma un dato che amareggia se si pensa inoltre, come sottolineato dalla stessa Coldiretti, che il 25 per cento dei consumatori ha rinunciato ad andare in pizzeria, il 40 per cento ha ridotto la presenza rispetto a prima della crisi.

Ma c’è di più di più. Coldiretti, rincarando la dose nel giorno dell'anniversario della nascita della pizza margherita nel 1889 come documenta una lettera del capo dei servizi di tavola della Real Casa Camillo Galli che nel giugno convocò il cuoco Raffaele Esposito della pizzeria Brandi al Palazzo di Capodimonte, residenza estiva della famiglia reale, per preparare per Sua Maestà la Regina Margherita le sue famose pizze, sostiene che in Italia, sempre piu' spesso nelle pizzerie viene servito un prodotto preparato con mozzarelle ottenute non dal latte ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall'est Europa, il pomodoro è cinese o americano invece di quello nostrano, l’olio di oliva è tunisino e spagnolo o addirittura viene utilizzato olio di semi al posto dell'extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale. In Italia sono stati importati nel 2013 – spiega ancora la Coldiretti - ben 481 milioni di chili di olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di chili di concentrato di pomodoro dei quali 58 milioni dagli Usa e 29 milioni dalla Cina e 3,6 miliardi di chili di grano tenero con una tendenza all’aumento del 20 per cento nei primi due mesi del 2014.

C’è però chi ancora si batte per vera pizza verace ed è l’Associazione verace pizza napoletana che ha elaborato un disciplinare esportato anche all’estero negli Stati Uniti dove il mese scorso il Wall Street Journal ha deciso addirittura – si legge in una nota - di mettere nella prima pagina del sito la storia di un pizzaiolo statunitense, il quarantenne Justin Piazza, che per la prima volta ha deciso di produrre in Usa con successo nel rispetto del disciplinare della vera pizza verace napoletana (Vpn) a Phoenix in Arizona.

Ad oggi comunque la pizza – secondo un sondaggio della Coldiretti- è considerata dal 39 per cento degli italiani il simbolo culinario della penisola. La parola pizza è inoltre la parola italiana piu' conosciuta all'estero con l'8 per cento, seguita dal cappuccino (7 per cento), dagli spaghetti (7 per cento) e dall'espresso (6 per cento), secondo un sondaggio on line della Societa' Dante Alighieri. In ogni caso quello che deve far sorridere, nonostante un compleanno poco felice per i dati ufficializzati, è che la margherita è di gran lunga la preferita nel mondo dove i maggiori “mangiatori” sono diventati gli Stati Uniti che fanno registrare il record mondiale dei consumi di pizza con una media di 13 chili per persona all’anno, quasi il doppio di quella degli italiani che si collocano al secondo posto con una media di 7,6 chili a testa. Negli Usa - spiega Coldiretti - il business della pizza vale 40 miliardi di dollari con il 93 per cento degli americani che la consuma almeno una volta al mese per una media di 350 slice (le tradizionali fettine) al secondo. In Italia - precisa la Coldiretti - si stima invece che la pizza generi un fatturato di 10 miliardi di euro con oltre 250mila addetti e 50mila pizzerie.

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