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Coronavirus: Cia, lockdown consolida Made in Italy tipico e local (62%)
Report Nomisma per webinar su “Il Paese che Vogliamo”. Boom e-commerce (+160%), su futuro consumi pesa invecchiamento popolazione (-10% al 2050)
Roma- Il Coronavirus ha fatto riemergere la strategicità del settore agroalimentare: i consumi di cibo e bevande sono stati e continuano a essere tra i pochi che hanno segnato delle variazioni positive, dimostrandosi anticiclici rispetto alle altre filiere. Mentre sono andate a picco le vendite dei beni non alimentari (-22% in valore nel primo quadrimestre sullo stesso periodo del 2019 e addirittura -52% solo ad aprile), quelle di cibo hanno registrato un aumento, rispettivamente, del +5% nei primi quattro mesi del 2019 e del +6% ad aprile.
In particolare, nel periodo più caldo dell’emergenza, ovvero tra il 17 febbraio e il 24 maggio, le vendite alimentari nella Grande distribuzione sono cresciute del 13%, trainate da prodotti base della filiera agroalimentare Made in Italy : gli acquisti di farine, lieviti, latte e uova, durante la quarantena, si sono impennate del 42% rispetto allo stesso periodo del 2019 e dopo che lo scorso anno segnavano un -0,8%. La pasta (+17%), l’ortofrutta (+15%) e il vino (+11%) sono gli altri prodotti che hanno guadagnato una crescita annua importante. A fare il punto, oggi, è Cia-Agricoltori Italiani con un Report ad hoc elaborato da Nomisma su “Il ruolo economico e produttivo dell’agroalimentare italiano in tempo di Covid-19 e scenari di lungo periodo”, presentato in occasione del primo webinar post lockdown, dedicato al progetto “Il Paese che Vogliamo”.
Lo studio racconta i valori alla base delle scelte di acquisto di food&beverage , individuano i fattori influenti e tracciano possibili scenari. Ne emerge un cittadino che esce dalla crisi pandemica più attento al Made in Italy (26%), alla tutela dell’ambiente (22%), alle tipicità del territorio (16%), alla salute (15%) e alla convenienza (14%). Guardando in prospettiva, da qui ai prossimi 30 anni, una popolazione italiana più vecchia porterà a una diminuzione dei consumi vicina al 10%. Per sopravvivere al calo della domanda interna, servirà competenza nell’export e nuovi assetti aziendali