Agronews
Crack Cirio, chiesti 15 anni di reclusione per Cragnotti e otto per Geronzi
Nei procedimenti avanzati dal Pm Gustavo De Marinis rientrano anche Filippo Fucile e Giampiero Fiorani. Complessivamente l'accusa ha chiesto la condanna di 31 imputati per un totale di 221 anni
Roma - Dure richieste di condanna per il crack Cirio da 1.125 milioni di euro . Il Pm Gustavo De Marinis, ha chiesto la condanna a 15 anni di reclusione per Sergio Cragnotti, 12 anni per il genero e direttore finanziario, Filippo Fucile, otto Cesare Geronzi (ex presidente della Banca di Roma) e sei per Giampiero Fiorani (ex presidente dela Banca popolare di Lodi).
Complessivamente l'accusa ha chiesto, nel corso del processo che si sta celebrando a Roma davanti ai giudici della I sezione penale, la condanna di 31 imputati, per un totale di 221 anni, e di una società. Per tutti gli imputati, ad eccezione di Michele Casella, è stata sollecitata l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, e l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale ed incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di dieci.
I Pm ha formulato per la società citata la richiesta di una sanzione pecuniaria nella misura di 300 quote. Le altre richieste di condanne riguardano: a 8 anni per Riccardo Bianchini Riccardi, Ernesto Chiacchierini, Alfredo Gaetani, Paolo Nicolini, Ettore Quadrani, Vittorio Romano, Francesco Scornajenchi; a 6 anni per Emma Benedetti, Tomaso Farini, Mauro Luis Pontes Pinto E Silva, Grazia Scartaccini, Lucio Velo, Gianluca Marini, Annunziato Scordo, Francesco Maria Matrone, Francesco Sommaruga Angelo Fanti, Pietro Celestini Locati, Remo Martinelli, Giovanni Benevento e Ambrogio Sfrondini; a 4 anni per Michele Casella. Gli imputati sono quasi tutti dirigenti delle società del Gruppo Cirio, all'epoca dei fatti (2003), funzionari di banca e collaboratori di Cragnotti. Al termine della prescrizione il pm ha definito prescritto il reato di truffa che riguarda tre indagati. Si tratta di Sebastiano Baudo, Angelo Brizzi e Alberto Giovannini.
Il gruppo guidato da Cragnotti è finito in default nel 2002 per il mancato pagamento delle cedole sulle obbligazioni da 1,2 miliardi di euro e poi dichiarato insolvente nel 2003.