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Crack Cirio, confermate le condanne a Geronzi e Cragnotti

Confermata la condanna in appello per Cesare Geronzi a 4 anni e lieve sconto di quattro mesi per Sergio Cragnotti che passa da nove anni agli otto anni e otto mesi. Lo ha deciso la seconda sezione della Corte d'Appello di Roma alla fine del processo di secondo grado sul crack Cirio.

Il crack da 1,125 miliardi di euro spazzò via i risparmi di oltre 35mila investitori dei quali solo 13mila hanno voluto costituirsi parte civile. Le indagini della procura di Roma sul Gruppo Cirio partirono nell'estate del 2003 in seguito al mancato pagamento di un bond da 150 milioni di euro. Un 'pool' di magistrati si mise al lavoro cercando di fare luce sull'emissione di nove bond dal 30 maggio 2000 al 31 maggio 2002, individuando tra i responsabili del fallimento l'allora patron della SS Lazio, Sergio Cragnotti, tutti i suoi familiari e pezzi da novanta della finanza e del mondo del credito dell'epoca, a cominciare dall'ex presidente di Banca di Roma, Cesare Geronzi, dall'ex amministratore delegato di Bpl Giampiero Fiorani fino agli ex vertici del San Paolo Imi, subito usciti di scena in sede di udienza preliminare.

Bancarotta distrattiva, bancarotta preferenziale e truffa (le ultime due ormai prescritte) i reati contestati dalla procura convinta che il crac della Cirio fu la conseguenza di una serie di operazioni che, tramite il passaggio di finanziamenti da alcune aziende del Gruppo ad altre, finirono per prosciugare le casse e far contrarre debiti sempre maggiori con gli istituti di credito. Debiti che, in buona parte, pesarono sulle spalle dei risparmiatori con l'emissione dei bond, anche se le banche ben sapevano che Cirio navigava da tempo in pessime acque. Le indagini misero in discussione anche l'operato di amministratori e sindaci del Gruppo Cirio accusati di aver preso parte alla stesura di bilanci non veritieri sullo stato di salute delle varie societa' riconducibili a Sergio Cragnotti.

in data:10/04/2015

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