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Extravergine, l'indicazione di origine non basta più
Secondo Unaprol e Cno l'effetto globalizzazione non è stato superato dall'istituto introdotto dal Reg.182/09. Per superare una concorrenza spietata serve-dicono le organizzazioni-un prodotto di categoria superiore
Roma - Nel 2012, in Italia, sono stati venduti complessivamente circa 218milioni di litri di olio per un valore di 850milioni di euro; per le Dop si evidenzia una leggera crescita per i volumi (+1%) e una stabilità per il valore; per il bio la tendenza positiva riguarda sia i volumi, sia i valori (rispettivamente +1% e +3%). Tale dinamica rileva che l’extra vergine convenzionale è sottoposto ad una forte pressione promozionale che soddisfa una domanda di massa attenta al prezzo.
Allo stesso tempo, secondo i dati del COI, il Consiglio Oleicolo Internazionale, il consumo mondiale dell’olio di oliva nel 2012- ha superato 3 milioni di tonnellate. Tra le nuove aree di mercato di sbocco si segnalano Australia, Russia e Cina. Gli Usa in un decennio hanno portato il loro consumo interno da 170 a 275 mila tonnellate, confermandosi il maggior mercato al consumo non tradizionale. L’aumento che si registra è lento, mediamente pari all’1% annuo, ma il fatto che sia costante è un segnale molto positivo visto che i margini di miglioramento possono essere molto ampi
Il report. emerso nel quadro di un focus di scenario organizzato a Roma, presso la la Camera di Commercio di Roma da Unaprol e Cno, ha messo in evidenza l'importanza dell'alta qualità e innovazione nel campo dell’extra vergine targato made in Italy, costretto da una concorrenza spietata, a diversificare la propria offerta con un prodotto di categoria superiore. Si è specificato inoltre che per effetto della globalizzazione la regolamentazione comunitaria con il Reg. 182/09 ha cercato di regolarizzare il fenomeno, introducendo l’istituto dell’indicazione obbligatoria dell’origine in etichetta, ma che poco ha saputo esprimere sul concetto della qualità. La sfida che giocano dunque Cno ed Unaprol, le due organizzazioni nazionali dei produttori di olio di oliva, è quella dunque di una battaglia a favore della trasparenza, della qualità e della tutela del reddito degli agricoltori. "Il nome alta qualità - spiega il presidente del Cno Gennaro- Sicolo presuppone una differenziazione della classe dell’extravergine che si presenta molto ampia in termini di gamma di prezzi, con forti differenze (+120%) tra le quotazioni degli oli DOP e IGP e il prodotto extra vergine base. Tra il prodotto Dop e IGP, i cui volumi sono ormai stabili intorno al 2% del mercato e gli extra di base, venduti a prezzi molto inferiori, c’è una vasta area di potenziale valore che non trova proposte coerenti in grado di posizionarsi. I numeri dicono che c’è spazio per un aumento dei consumi dell’olio extra vergine di oliva di qualità in Italia e nel mondo e come la quota dell’extra vergine confezionato sul totale dell’olio di oliva confezionato nel 2011 si è attestata al 77% dopo tre anni in cui era ferma al 76%.”
“E’ in tale contesto – avverte Massimo Gargano, presidente di Unaprol che si percepisce l’esigenza di uno strumento accessibile per tutti gli operatori che agevoli una comunicazione più efficace relativa ad un prodotto di categoria superiore. All’esame della Conferenza Stato-Regioni – ha poi aggiunto Gargano - c’è il testo del decreto ministeriale, in via di definizione da parte del Mipaaf, che dovrà istituire il Sistema di Qualità Nazionale (SQN) per l’olio extra vergine di oliva di alta qualità. Una corsia preferenziale – ha concluso – che in aggiunta alla legge salva made in Italy dell’olio extra vergine di oliva recentemente entrata in vigore, potrà far affiorare quella qualità diversa e distintiva del nostro olio rispetto agli standard stabiliti dalla regolamentazione comunitaria vigente sulla denominazione di origine obbligatoria in etichetta e sui claims salutistici”.
Il riconoscimento di una nuova tipologia di prodotto, in accordo con le opportunità offerte- ha affermato infine Pietro Sandali, direttore generale di Unaprol- risponde alla prospettiva di assicurare agli operatori olivicoli più virtuosi, uno strumento oggettivo e ufficiale per differenziare il proprio prodotto facendo leva su una serie di valori che richiamano aspetti connessi alla salute, al benessere, all’ambiente e alla responsabilità sociale dell’impresa, oggi sempre più apprezzati da parte dei consumatori dei paesi sviluppati”.