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Il mondo del gambling scommette sulla cucina di qualità
“Uno stomaco vuoto non è un buon consigliere politico”.
E se la pensava così un certo Albert Einstein risulta davvero difficile obiettare qualcosa.
Quello di Sanremo è il secondo casinò più antico d’Italia. Sorto agli inizi del XX secolo col nome di Kurzaal ha concluso lo scorso 2018 con un incasso pari a 42,9 milioni di euro (fonte Agimeg, l’Agenzia Giornalistica sul Mercato del Gioco). Soprattutto negli ultimi due anni ha fatto da scenografia al Festival degli chef di Sanremo. Evento che lo scorso mese d’ottobre ha portato a sfidarsi in riviera nove nomi illustri della gastronomia italiana.
Questo l’elenco dei piatti in gara: 1) spaghettone con alici di menaica, mozzarella nella mortella e origano; 2) risotto armonizzato dal maestro Vessicchio con ceviche di baccalà; 3) tartare di fassona marinata agli agrumi, scampo scottato, maionese ai ricci di mare e barbabietola; 4) agnello di cascina in quattro racconti, filetto al barbecue, pancia confit, ravioli, coscia cotta nel fieno; 5) ricci nell’uovo con aglio di Vessalico, ricci di mare, nero di seppia; 6) palamita e pino, rapette e chinotto candito; 7) salmone spritz e popcorn; 8) tortello Milano-Sanremo, zafferano, ossobuco e gamberi viola; 9) noce di capasanta, scaloppa di foie gras, pan brioche, caco e ristretto di volatile.
A sbaragliare la concorrenza è stato proprio quest’ultimo piatto, prodotto fra l’altro da un cuoco che, per così scrivere, giocava in casa avendo il proprio ristorante a Ventimiglia. Abitato a poco più di mezz’ora d’auto dalla città dei fiori.
Ma a vincere è stata tutta la manifestazione. A riprova che il mondo della cucina di qualità non è poi così distante da quello del gioco d’azzardo (settore quest’ultimo che nel 2017 secondo l’ADM, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha raccolto nel nostro Paese 101,8 miliardi di euro). Tutt’altro. E’ dalla seconda metà del XX secolo che i proprietari dei casinò hanno compreso l’importanza di fornire ai giocatori tutta una serie di servizi accessori di qualità. “Good food, good whiskey, good gamble” era solito ripetere Lester Ben Binion, imprenditore proprietario di una delle prime case da gioco di Las Vegas, negli Stati Uniti d’America, e ideatore delle WSOP, acronimo che sta per world series of poker. Un motto che tradotto in italiano suonerebbe più o meno così: “Buon cibo, buon whiskey, buon gioco”.
E’ per questo che negli ultimi anni i casinò di mezzo mondo, per replicare alla concorrenza che viene dalla Rete, come per esempio quella portata dai giochi online NetBet, fanno a gara per accaparrarsi le capacità dei più importanti chef in circolazione. Strategia che in alcuni casi ha portato in dote non solo l’apprezzamento del pubblico, ma anche i riconoscimenti delle principali guide gastronomiche.
Redazionale
in data:28/01/2019