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Il neo imprenditore agricolo è uomo
I nuovi capitani di azienda del comparto sono maschi nel 68,7% dei casi, il 59,5% ha meno di 40 anni, il 43,3% è diplomato e il 13,8% è laureato
Roma - Il neo imprenditore italiano nel 75,1% dei casi è un uomo con meno di 40 anni (66,3%) e un diploma di scuola superiore (45,9%). E' quanto emerge dall'’indagine di Unioncamere presentata a Rimini al primo Forum dei giovani di Confagricoltura organizzato dall’Anga. Lo studio esamina il settore “nuove imprese” su un campione di oltre 4.000 neo-imprenditori alla loro prima esperienza come titolari di un’azienda avviata tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2011.
In agricoltura i neo imprenditori sono uomini nel 68,7% dei casi; il 59,5% ha meno di 40 anni, il 43,3% è diplomato e il 13,8% è laureato. In generale, i lavoratori autonomi under 30 che hanno avviato l’attività nel 2011 rappresentano il 24,5%; quelli tra i 31 e i 34 anni addirittura il 44,5%.
L’investimento iniziale non supera i 5.000 euro per il 46,8% dei casi (in agricoltura 50,3%). Chi ha deciso di aprire un’impresa lo fa nel 54,4% dei casi per il desiderio di indipendenza e di affermazione personale, per la consapevolezza delle opportunità di mercato e per la fiducia nelle proprie capacità. Il 32,9% dei neoimprenditori è però mosso soprattutto dalla necessità di lavorare, sovente dopo aver cercato invano un’occupazione dipendente (soprattutto per i giovani).
Focalizzando l’attenzione sulle imprese giovanili (al 31/12/2010), l’agricoltura, con le oltre 65.000 aziende condotte da giovani che rappresentano il 9% di tutte quelle operanti nel nostro Paese, si posiziona alle spalle solo del commercio ( 27,6%) e delle costruzioni (19,9%).
Il Sud detiene il primato generale di concentrazione di imprese under 35 (40,7%), seguito dal Nord Ovest (24,4%).
Uno sguardo ai primi nove mesi del 2011 rileva tendenze preoccupanti, seppur provvisorie, per i più giovani, con una flessione del totale del 5,3%, con punte dell’8,5% nelle costruzioni e dell’8,9% del
manifatturiero. Superiore alle media, ma ampiamente sotto questi picchi, l’agricoltura segna una riduzione del 6,2%.
L’Anga ha voluto approfondire la questione della natimortalità delle imprese italiane, poiché rappresenta un termometro importante della vitalità economica del Paese. “Le attuali difficoltà già emerse al nostro Forum - sostiene il presidente Nicola Motolese – relative al difficile passaggio generazionale delle aziende, alla creazione di nuove realtà agricole e non solo, si aggravano di fronte alle tendenze negative del tasso di natalità imprenditoriale. Siamo tuttavia consapevoli che alla diminuzione del numero di aziende si accompagna il consolidamento e l’aumento delle dimensioni di quelle già esistenti. Fattore che ha permesso all’agricoltura di essere in controtendenza rispetto all’andamento negativo dell’occupazione negli altri settori. Nel nostro comparto, durante gli ultimi due anni, i posti di lavoro sono aumentati del 2% proprio grazie al fatto che molte nostre imprese si sono ampliate e hanno provveduto a nuove assunzioni.