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Il sindaco italiano della Grande Mela scivola sulla pizza tricolore
Bill de Blasio, neo primo cittadino di New York, è sotto accusa per aver mangiato con forchetta e coltello il prodotto gastronomico. L'etichetta americana indica una degustazione che deve essere fatta tassativamente con le mani
Roma- Gogna mediatica per il neo primo cittadino di New York Bill de Blasio. Il sindaco della Grande Mela di origini italiane finisce sul banco degli imputati per aver mangiato la pizza con forchetta e coltello in uno dei templi della pizza d'Oltreoceano, la pizzeria "Goodfellas' di Staten Island. Il gesto, immortalato dai fotografi, e' stato criticato come un terribile strappo all'etichetta americana che vuole che la pizza si mangi unicamente e tassativamente con le mani. "Un disastro" ha commentato il New York magazine, mentre su Twitter e' apparso addirittura, ovviamente per scherzo, l'hasthag #forkgate, ricorda il New York Times.
Di fronte a tutto questo clamore de Blasio non si e' scomposto, anzi non ha mancato di mettere a segno un punto in favore della sua italianita': "nella mia terra d'origine, e' piu' normale mangiare la pizza con coltello e forchetta", ha risposto seriamente alla surreale domanda dei reporter riguardo al suo presunto passo falso. "Ed io in Italia ci sono stato molto tempo", ha poi aggiunto.
Le critiche piovute addosso al neo sindaco sono però supportate anche da importanti chef italiani come Alfonso Iaccarino del Don Alfonso di Sant'Agata sui Due Golfi. "Forchetta e coltello - dice il maestro- servono solo per squadrarla. Ma la pizza, che è emozione, la mangi solo con le mani. Come da tradizione. E' una cosa popolare, semplice. Sulla stessa lunghezza d'onda- come dichiarato al Corriere della Sera- Alba Pezone, food writer napoletana trapiantata a Parigi e autrice di "Pizza" (Tommasi Editore). "Quando mi siedo in pizzeria - commenta - la taglio a fette e poi mangio lo spicchio con le mani perchè così mi sembra più golosa". Dello stesso avviso è anche Antonino Cannavacciuolo, chef del programma "Cucine da incubo". Il cuoco cita "Fatte 'Na pizza" di Pino Daniele: " Pizza pizza margherita se mangi con le mani poi ti lecchi le dita".
Dalla Coldiretti arriva invece un'analisi sul mercato della pizza in America. Con una media di 13 chili per persona negli Stati Uniti - dice l'organizzazione agricola - si registra il record mondiale dei consumi di pizza con una quantità che è quasi il doppio di quella degli italiani che si collocano al secondo posto con una media di 7,6 chili a testa. Se in Italia – continua la Coldiretti - si stima che la pizza generi un fatturato di 10 miliardi di euro con oltre 250mila addetti e 50mila pizzerie, il business negli Stati Uniti è attorno ai 40 miliardi di dollari con il 93 per cento degli americani che la consuma almeno una volta al mese per una media di 350 slice (le tradizionali fettine) al secondo.
Purtroppo di questo mercato - rileva la Coldiretti - quasi niente arriva all’economia italiana anche perché si usano quasi sempre ingredienti realizzati negli Stati Uniti, dalla mozzarella prodotta soprattutto nel Wisconsin, in California nello stato di New York alla conserva di pomodoro ottenuta in California dove si stanno diffondendo anche le coltivazioni di ulivi senza dimenticare il diffuso utilizzo di ingredienti molto lontani dal Made in Italy come l’ananas. La perdita del legame della pizza con l’identità tricolore è un rischio che – denuncia la Coldiretti - corrono moltissimi prodotti Made in Italy per l’esponenziale diffusione sui mercati statunitense e mondiale di alimenti “taroccati” che richiamano nel nome e nell’immagine all’italianità senza avere alcun legame con la realtà produttiva nazionale, dal parmesan al provolone, dal salame Milano alla soppressata calabrese, dall’extravergine pompeian al pomodoro san Marzano. L’“agropirateria” internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all'Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale vale 60 miliardi ed . all'estero – sostiene la Coldiretti - sono falsi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. Sul piano internazionale questo fenomeno – conclude la Coldiretti - va combattuto cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei prodotti alimentari.