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I distillatori italiani cercano nuovi sbocchi commerciali
La pressione fiscale, la proposta di tassare i "cibi spazzatura" e i problemi con il mondo creditizio fanno scegliere al settore la strada dell'internazionalizzazione
Roma - L’estero e l’export sono la nuova chiave di lettura dei distillatori italiani per superare la crisi. La nuova visione è emersa nel corso dell’annuale assemblea dell’Associazione nazionale industriali distillatori di alcolì ed acquaviti (Assodistil) svolta a Roma. Una linea che coincide anche con il rinnovo delle cariche dell’associazione e con la crescente importanza – si legge in una nota - delle esportazioni che si contrappongono al calo di produzione e di consumi che l’associazione ha registrato sui mercati (-10% nel 2011). Un cambio di strategia che combacia in sostanza con un parziale nuovo assetto di Assodistil che ha confermato presidente Antonio Emaldi, nominato presidente del Comitato nazionale Acquaviti il Presidente dell’Istituto Nazionale Grappa Cesare Mazzetti al posto Italo Maschio, che ha voluto cedere il testimone dopo oltre venti anni per tornare a tempo pieno in azienda, la Bonaventura Maschio.
Confermata invece tutta la squadra di presidenza: Antonina Bertolino e Giuliano Sacchetto restano rispettivamente alla guida della sezione alcol da vino e quella da cereali, melasso e frutta, mentre Luciano Grilli resta alla guida della sezione acido tartarico.
Si riparte dunque da una riduzione nel 2011 dei volumi prodotti dovuta a una vendemmia tra le più scarse degli ultimi decenni con una naturale diminuzione del vino e dei sottoprodotti da distillare. Una situazione non buona, ma che rientra in uno scenario mondiale in trasformazione e che va affiancata a un fabbisogno finanziario, secondo l’indagine Format sullo stato di salute del settore, in peggioramento per gli industriali della distillazione che nel primo trimestre dell’anno hanno dichiarato di far fronte a fatica al propri fabbisogni finanziari (47,9% sul campione dell’indagine), mentreil 90% degli intervistati non prevede miglioramenti nel prossimo trimestre. Non buono neanche il rapporto con il mondo creditizio. Il 54.4% degli imprenditori, nei primi tre mesi dell’anno, è riuscito ad ottenere credito con un ammontare pari o superiore a quanto richiesto a fronte di un’area di irrigidimento del 37,8% rappresentata da imprese che hanno ottenuto somme inferiori oppure si sono viste negare il finanziamento. A questo va aggiunta la pressione fiscale sul comparto e la tassa sui “cibi spazzatura” proposta dal ministro della Salute che tocca anche gli alcolici. L’unica e probabile via di uscita a questa situazione – si fa presente in una nota – è l’internazionalizzazione per trovare nuovi sbocchi per i prodotti.
E la strada dell’internazionalizzazione è spiegata molto bene dal presidente di Assodistil Antonio Emaldi “ Il mondo – ha spiegato Emaldi – è cambiato, soprattutto negli ultimi anni. Oggi l’industria dei distillati deve confrontarsi con un sistema globale aggressivo, che non perdona chi stenta ad adeguarsi. In particolare – ha continuato – il comparto degli alcolì e acquaviti di origine vinica ha registrato una forte diminuzione, mentre aumenta, come in tutta Europa, l’alcol da cereali. Per l’Italia – ha precisato ancora – non è una novità, da alcuni anni la prima voce di produzione deriva dal cereale, seguita dagli alcolì di origine vitivinicola. Nel complesso in Italia nel 2011 – ha concluso - sono stati prodotti 833.00 ettanidri di alcol, -16% sul 2010 e 192.800 ettanidri di acquaviti, il 16% in meno rispetto all’anno precedente”.
Il quadro economico del comparto ha nell’acquavite di vino uno dei fiori all’occhiello del settore essendo un segmento nel quale l'Italia e' leader europeo insieme alla Spagna ed è la prima voce in termini di export e volume, sebbene in calo del 30 per cento rispetto al 2010. In controtendenza invece le acquaviti di frutta che segnano un +67 per cento. Anche la grappa mostra dei cambiamenti. Nonostante i volumi siano calati dell'11 per cento, il distillato simbolo del Made in Italy ha registrato un aumento delle esportazioni del 18 per cento per i prodotti in bottiglia e del 37 per cento per il prodotto sfuso. In cima alla lista Germania, Stati Uniti, Brasile, Cina e Russia.
In particolare la Germania nel 2011 si è accaparrata ben il 63% del totale delle esportazioni del distillato-simbolo del Made in Italy, dato in crescita (oltre il 5%) rispetto all'anno precedente.
Notevole anche il trend svizzero con un balzo degli acquisti del 34% rispetto al 2010. Negli Stati Uniti cresce invece del 52%. Il distillato sfuso ha poi visto per la prima volta nel 2011 un boom delle richieste dalla Spagna (circa 2.600 ettanidri).
Da un punto di vista strutturale, i dati Assodistil descrivono infine un comparto caratterizzato da una forte concentrazione sul piano della produzione, quelle comprese nella fascia produttiva più alta detiene il 64% della quota di produzione. E sono le prime dieci aziende per volumi di vendita a vantare oltre il 60% delle quote di mercato.