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La liberalizzazione dei vigneti trova l'opposizione di nove ministri dell'Ue
In una lettera indirizzata al commissario europeo all'Agricoltura Ciolos si chiede di prolungare oltre il 2015 il vigente regime dei diritti di impianto dei nuovi vigneti
Roma - Un categorico no alla liberalizzazione dei diritti di impianto. Il ministro per le Politiche agricole Saverio Romano tiene duro e all’ultima riunione del Consiglio dei ministri dell’Agricoltura dell’Unione europea mette nero su bianco la sua contrarietà scrivendo, insieme ad altri nove ministri, tra cui quelli di Francia e Germania, una missiva al Commissario Dacian Cioloş, con la quale si chiede di prolungare oltre il 2015 il vigente regime dei diritti di impianto dei nuovi vigneti.
Si prospettano quindi mesi di bagarre e scontri sulla decisione di liberalizzare i vigneti adottata in sede europea nel 2009 dall’Organizzazione comune di mercato (Ocm) e prevista entro il 2015. Nel particolare il provvedimento farebbe saltare i paletti introdotti nel 1972 per limitare l’estensione dei filari e che sono mirati mettere a frutto i vigneti solo in terreni già in passato destinati a quella coltura, rioccupando vigne dismesse. La nuova misura nella sostanza può favorire invece una sovrapproduzione e un conflitto tra vecchi produttori e nuovi.
Va ricordato invece che il sistema in vigore, regolando nel dettaglio l’impianto delle nuove vigne, evita che una repentina impennata degli investimenti possa destabilizzare gli equilibri di mercato, con effetti negativi sui redditi dei viticoltori e sulla qualità del prodotto.
Chiara e netta e a favore del regolamento in vigore, come detto, è dunque la posizione del ministro Romano. “Il comparto vitivinicolo nazionale, così giustamente celebrato nei giorni scorsi a Verona, rappresenta – ha detto il responsabile del dicastero di via XX Settembre - una eccellenza che non intendiamo sacrificare nel nome di una pretesa liberalizzazione dei mercati.
L’obiettivo comune è - e deve rimanere - la qualità delle nostre produzioni e la garanzia del reddito per i nostri vitivinicoltori, finalità certamente non perseguibili attraverso l’aumento incontrollato del prodotto immesso al consumo.
La liberalizzazione dei diritti di impianto a partire dal 2015, disposta dalla regolamentazione comunitaria vigente, rischia – ha continuato - di compromettere in modo irreparabile quanto di buono è stato fatto negli ultimi decenni dal comparto nazionale: è per questo motivo che ritengo doveroso un urgente ripensamento della disposizione da parte della Commissione europea.
Da parte mia – ha concluso - prendo fin da ora l’impegno a sollevare e sostenere questo tema in tutte le sedi opportune a livello comunitario.”