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Filiera Corta

Mangiare meglio non significa spendere di più

Fondazione Barilla presenta i nuovi dati sulla validità della Doppia Piramide nutrizionale e ambientale, il modello che mette a confronto la salubrità e la sostenibilità dei diversi alimenti. Paragonati 4 menù settimanali

Roma- Mangiare sostenibile costa di più? A domandarselo è Fondazione Barilla in occasione del World Population Day (11 luglio) presentando i nuovi dati sulla validità della doppia piramide nutrizionale e ambientale, il modello che mette a confronto la salubrità e la sostenibilità dei diversi alimenti.  In un momento di crisi- si spiega- è ancora più importante che un modello di alimentazione sostenibile sia anche alla portata di tutti. I dati- dice la Fondazione- dimostrano che mangiare meglio non significa spendere di più, soprattutto in Italia e nei paesi di area mediterranea.

La Fondazione ha quindi analizzato i prezzi degli alimenti  in differenti periodi dell’anno e su diverse città. Ecco i risultati delle rilevazioni fatte a Milano e Napoli (rispettivamente le due più grandi del Nord e del Sud), usando i prezzi medi del mese di aprile 2015.  Il confronto è stato fatto fra 4 menu settimanali, tutti nutrizionalmente bilanciati, ma con diversa presenza di proteine di origine animale.

Tipo di dieta (calcolo su una settimana di alimentazione)

Costo a Milano

Costo a Napoli

Menu con presenza prevalente di proteine animali

€ 43

€ 34

Menu sostenibile, che comprende una quantità equilibrata di proteine animali (modello suggerito dalla Fondazione)

€ 40

€ 32

Menu vegetariano

€ 35

€ 28

Menu vegano

€ 33

€ 26

 

L’analisi parte dal presupposto che nel 2050 25 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni saranno malnutriti a causa degli effetti del cambiamento climatico: l’equivalente del numero di tutti bambini della stessa età di Stati Uniti e Canada. E in Occidente il consumo di alimenti provoca circa il 30% delle emissioni di gas serra, dovuto alla carne  per il 12% , ai prodotti lattiero caseari per il 5%, a quelli ortofrutticoli per il 2% e a cerali e derivati per l’1% delle emissioni complessive. Per questo, anche se in ritardo rispetto ad altri comparti dell’economia, la filiera agroalimentare è stata coinvolta nelle politiche per la lotta al cambiamento climatico. Una scelta quanto mai significativa nell’anno di Expo Milano 2015 e del COP21 di Parigi, eventi da cui usciranno indicazioni fondamentali per un futuro sostenibile.

Viene inoltre evidenziato che se una famiglia di quattro persone adottasse per un intero anno un menu sostenibile, si risparmierebbero 3,7 tonnellate di CO2, pari a quella emessa guidando per 26.000 chilometri o al consumo biennale di gas della stessa famiglia. In Italia, adottare un menu sostenibile- si spiega ancora-  significa ridurre del 30% il proprio impatto ambientale in termini di emissioni di CO2, e ridimensionare del 17% l’impronta ecologica. Adottare diete sostenibili diventa quindi sempre più urgente non solo per la salute delle persone, ma per il futuro stesso del pianeta.

L’Unione Europea ha fissato nella “Roadmap to 2050” l’obiettivo di ridurre dell’80% le emissioni di CO2 prodotte dagli Stati ed i comportamenti alimentari giocano in questo un ruolo fondamentale. In particolare l’Ue suggerisce di adottare abitudini alimentari che riducano il consumo di proteine animali a vantaggio di alimenti a più basso impatto ambientale[.

Tra gli esempi di diete sostenibili la Fao cita in particolare la dieta mediterranea, un modello alimentare che si caratterizza per la sua varietà, oltre che per uno spiccato equilibrio nutrizionale. Prevede un elevato consumo di verdura, legumi, frutta fresca e secca, olio d’oliva e cereali (per il 50% integrali), un moderato consumo di pesce e prodotti caseari (specialmente formaggio e yogurt) e un ancora più moderato consumo di carne rossa, carne bianca e dolci.

 

 

in data:10/07/2015

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