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Olio: arriva il Piq, misuratore di filiera
Symbola e Cra, per controllare la qualità, hanno messo insieme 102 indicatori che rappresentano il più completo set informativo sulle diverse fasi produttive
Roma- Il 40% dell’olio extra vergine di oliva italiano è qualitativamente superiore rispetto al resto della produzione nazionale. “Di qualità”, secondo la definizione di Symbola e Cra (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’economia agraria) non significa solo qualità organolettica, ma soprattutto frutto di una filiera che, in tutti i suoi passaggi – dalla terra, alla molitura, alla distribuzione - riserva le giuste attenzioni verso l’ambiente, il capitale umano, la gestione delle risorse e dei rifiuti, che riduce i fitofarmaci, adotta certificazioni, rispetta i parametri di qualità salutistica.
Lo dice il primo Piq – Prodotto interno qualità sulla filiera oleicola, realizzato da Fondazione Symbola e Cra in collaborazione con Coldiretti e Unaprol, presentato nel padiglione Coldiretti all’Expo di Milano, alla presenza del ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Maurizio Martina. Il rapporto è stato presentato nel corso di un convegno dal titolo “L’olio italiano e la sfida della qualità – Il Piq della filiera oleica: per identificare, misurare, difendere”, con l’intento di descrivere la produzione di olio in Italia, divisa tra eccellenze e grandi problematiche.
Per misurare la qualità della filiera, Symbola e Cra hanno messo insieme 102 indicatori che rappresentano il più completo set informativo sulle diverse fasi produttive dell’olio. Alcuni dimostrando tendenze positive - come il contenimento dei costi di consumo dell’acqua, la certificazione biologica, la quota di olio recuperato sul totale distribuito - che vengono soppesati con segnali d’allarme quando nella filiera qualcosa non torna.
Se, ad esempio, nella fase agricola, i costi per fitofarmaci e fertilizzanti aumentano, incidendo sui margini aziendali, e contemporaneamente calano i prezzi alla vendita delle olive, come registrato negli ultimi anni, le aziende risultano sotto stress a discapito della qualità e, in casi estremi, ricorrono a soluzioni non in regola.
Attualmente si osserva dunque una polarizzazione del marcato: da una parte troviamo le imprese che scelgono la qualità, e fanno crescere il valore del loro prodotto; dall’altra ci sono quelle che, in difficoltà, tagliano sulla qualità puntando alla quantità. E’ così che si giunge ad un ampliamento della forbice tra la produzione di qualità, ferma appunto al 39,2%, e una di basso livello, pari addirittura al 60,5% di quella nazionale. Sebbene il nostro Paese copra infatti da solo ben il 20% della produzione comunitaria - laddove l’Unione Europea detiene il primato mondiale - nel 2014 si è registrato un allarmante aumento del 38% di olio di importazione, contestuale al calo di oltre il 35% dei raccolti nazionali. La definizione del Piq olio rappresenta dunque il primo database attraverso cui valutare gli olii in commercio: uno strumento di trasparenza e informazione per le istituzioni deputate al controllo di produzione e prodotto, un vademecum per le imprese del settore, ma anche un sussidiario fondamentale per i consumatori, che si rilevano poco informati.