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Olio di oliva: meno 8% la produzione in Italia
Previste meno di 480 mila tonnellate nella campagna 2013-2014. L’evoluzione climatica negativa e i problemi fitosanitari ribaltano le aspettative positive di quest’estate. Il calo dei prezzi potrebbe causare fenomeni diffusi di mancata raccolta
Roma- La produzione di oli di oliva di pressione sarà vicino alle 480 mila tonnellate, l’8% in meno rispetto al dato, ancora provvisorio, diffuso dall’Istat per il 2012. Le stime formulate da Ismea, in collaborazione con Aifo, Cno e Unaprol, sono relative alla campagna olivicola 2013-2014. Il risultato ribalta le attese iniziali orientate, fino a quest’estate, a un aumento produttivo su larga scala e a un buon esito del raccolto anche sul piano qualitativo.Complici le condizioni climatiche che hanno caratterizzato i mesi di settembre e ottobre, in particolare il protrarsi del caldo umido che ha favorito in diverse aree olivicole lo sviluppo di patogene (la mosca in primis), costringendo gli operatori a intervenire con trattamenti supplementari.
In generale si registra un ritardo di vegetazione di circa 15-20 giorni rispetto ai normali calendari. A peggiorare il quadro produttivo di quest’anno hanno concorso, inoltre, altri elementi: dal perdurare della siccità in aree non irrigue alla comparsa del batterio della Xylella fastidiosa negli uliveti del Salento, una delle aree di maggiore rilevanza, in ambito nazionale, per volumi di produzione, già interessata da una scarica produttiva fisiologica.
Tornando al dato di produzione, la previsione - sottolinea l’Ismea - deve essere considerata indicativa e suscettibile di variazioni anche non trascurabili, dal momento che è ancora incerto l’esito finale di resa e soprattutto non è possibile in questa fase quantificare il fattore di ‘non raccolta’, ovvero quella tendenza ormai diffusa nell’olivicoltura cosiddetta ‘non professionale’ a lasciare le drupe sugli alberi, soprattutto in condizioni di mercato ritenute non soddisfacenti.
Al riguardo è opportuno considerare che l’offerta di oli di oliva nel suo complesso, in previsione di un forte aumento della produzione spagnola, sarà decisamente più ampia rispetto ai livelli della scorsa campagna e che i prezzi stanno già registrando da quest’estate una tendenza al ribasso sia in Italia che all’estero, in un contesto caratterizzato da un’accresciuta pressione competitiva.
Nel dettaglio territoriale il quadro previsionale dà un’immagine dell’Italia divisa in due, con il Nord e parte delle regioni centrali contrassegnati da un aumento della produzione, anche piuttosto evidente, dopo le pesanti perdite dello scorso anno, e il resto del Paese in condizioni diametralmente opposte.
Spiccano al Sud i segni meno di Puglia (-5%, con 181 mila tonnellate), Calabria (-20%, con poco più di 106 mila) e Sicilia (-10%, con circa 44 mila tonnellate), regioni che insieme rappresentano il 70% della produzione oleicola nazionale. Ancora più deludente l’esito produttivo in Sardegna, dove i volumi di quest’anno (5.500 tonnellate) potrebbero più che dimezzarsi rispetto ai livelli molto elevati del 2012, mentre la Campania (terza, dietro Puglia e Calabria) conferma il livello produttivo dell’anno scorso con oltre 44 mila tonnellate. Nel Mezzogiorno le uniche regioni in controtendenza sono Molise (+15%) e Basilicata (+10%) con previsioni per entrambe poco al di sotto delle 7 mila tonnellate.
Disomogeneo il quadro produttivo nel Centro Italia. Crescono Umbria e Toscana, rispettivamente del 30 e del 20 per cento, mentre scendono del 10% le Marche e del 5% il Lazio, primo polo produttivo dell’area, con poco meno di 25 mila tonnellate. Negli oliveti toscani si valuta una produzione di oli di oliva di pressione di oltre 18 mila tonnellate, in forte crescita anche se inferiore alle attese inziali. A 6.700 tonnellate il dato produttivo dell’Umbria, che resta però sotto la media storica, mentre le Marche scendono a meno di 3.800. Positivo il dato di produzione dell’Abruzzo, con più di 19 mila tonnellate di olio, pari a una crescita del 5% su base annua.
Da rilevare, nella fascia Nord del Paese, gli incrementi a due cifre della Liguria (+20%) e dell’area lombardo-veneta, a fronte di una produzione invariata negli oliveti dell’Emilia Romagna. Sull’evoluzione dei prezzi, le ultime rilevazioni dell’Ismea attestano le quotazioni dell’extra vergine a poco più di 2,80 euro al chilogrammo, franco produttore, un valore in calo del 3,6% rispetto allo scorso anno. Risulta ancora più marcato il divario negativo per gli oli di oliva vergini lampanti, con i prezzi (1,80 euro al chilo nella media nazionale) in calo di oltre il 12% rispetto al 2012
GARGANO CHIEDE DI NON ABBASSARE LA GUARDIA SUL MADE IN ITALY
“Il vero made in Italy nell’olio di oliva? Se non si corre ai ripari resterà solo il know how di aver insegnato a fare un ottimo prodotto e di aver costruito ottime macchine olearie perché siamo ancora i primi nel mondo a detenere il primato della conoscenza della tecnologia in questo settore”. Massimo Gargano, presidente di Unaprol – consorzio olivicolo italiano lancia l’allarme durante la conferenza stampa delle stime produttive della campagna 2012/2013, e chiede che vengano applicate le norme che tutelano l’origine certa e la corretta informazione dei consumatori. “Nell’Europa del patto di stabilità e della riduzione dei deficit di bilancio ci deve essere spazio anche per lo sviluppo dei territori con leggi che non costano nulla al contribuente europeo - come la legge Mongiello sul salva olio made in Italy - ma l’Europa ha tempi lunghi di decisione che vanificano gli sforzi e ritardano la ripresa economica”.
L’olivicoltura italiana conta su circa 800mila imprese in tutta Italia, oltre un milione di ettari coltivati, 5mila frantoi e più di 200 imprese industriali, una produzione di 480mila tonnellate che ha generato nello scorso hanno un fatturato di oltre 3,3miliardi di Euro (il 2,6% del fatturato industriale agroalimentare totale), senza contare il valore alla pianta del prodotto che sfiora mediamente ogni anno due miliardi di Euro.
“Se non diamo valore al fatto che il nostro Paese è la banca mondiale della biodiversità dell’olivicoltura, un patrimonio che va difeso perché è unico al mondo, finiremo per essere solo il Paese dei paradossi; afferma Gargano, che sottolinea “le acquisizioni dei marchi storici italiani da parte di multinazionali straniere più che rilanciare il made in italy lo stanno svuotando perché utilizzano questi marchi italiani come taxi per far viaggiare nel mondo oli di oliva che possono fregiarsi del made in Italy solo nel nome e non nell’origine. Ecco perché l’Europa deve accelerare i suoi tempi di decisione e modificare la sua legislazione in materia di trasparenza avvicinandola alla nostra. Quella italiana – ha concluso Gargano – è più avanzata e garantista nei confronti dei consumatori e tutela meglio gli interessi delle imprese serie e della buona rappresentanza che ha a cuore il futuro e lo sviluppo di questo Paese”.
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