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Pomodoro, continua il duello a distanza tra industriali e produttori agricoli

Sulla difficile situazione della filiera interviene Annibale Pancrazio, Presidente dell’Associazione nazionale industriali conserve animali vegetali (Anicav)

Continua a rimanere un mistero l’importazione in Italia di pomodoro cinese. A tutt’oggi sul piatto della bilancia continuano infatti a restare molti dubbi sull'attuale andamento del comparto e su una probabile concorrenza sleale che sta mettendo a rischio la coltivazione del pomodoro. Il bandolo della matassa sembra dunque appesa allo sviluppo di indagini relative alla distorsione della filiera chieste a gran voce dai consumatori aderenti a Casper- Comitato contro le speculazioni e per il risparmio (Adoc, Codacons, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori) – e da Coldiretti con le manifestazioni di protesta a Roma, Foggia, Salerno e Catania dei giorni scorsi.

Un clamore mediatico che però sembra non aver lasciato indifferente Annibale Pancrazio, Presidente dell’Associazione nazionale industriali conserve animali vegetali (Anicav), che ha deciso, interpellato dai media - di prendere ufficialmente posizione su tutta la vicenda. “Chiariamo una cosa – ha spiegato il presidente- in Italia non esiste il pomodoro cinese, viene solo lavorato il concentrato di pomodoro cinese che viene esportato totalmente in Africa e in Medio Oriente.
Quindi – ha proseguito - l'accusa che viene fatta alle imprese di trasformazione di affamarè i produttori pretendendo, grazie alla concorrenza del prodotto cinese, di ritirare il loro prodotto a prezzi più bassi di quanto concordato è assolutamente pretestuosa. Così come – ha incalzato - non siamo noi i responsabili dell'incremento dei prezzi nei supermercati. Anzi, negli ultimi 2-3 anni i prezzi di tutti i nostri prodotti sono scesi in media del 10-15%. Se ci sono degli aumenti bisogna cercarli in altre voci della filiera.

Nei nostri supermercati – ha detto ancora - ci sono solo prodotti fatti con pomodoro fresco che non può che essere italiano e viene trasformato direttamente nei luoghi di produzione. Riguardo poi ai prezzi al consumo non solo negli ultimi anni non li abbiamo aumentati, ma anzi abbiamo avuto un effetto calmieratore sul mercato, nonostante nella catena del valore l'industria e l'agricoltura stiano sempre più perdendo quote a favore di altre voci, come la pubblicità, i trasporti, la distribuzione.

La verità è che quest'anno gli agricoltori hanno messo a dimora molto più pomodoro dello scorso anno e di quanto programmato e pensano che tutto debba essere ritirato. Ma noi – ha concluso Pancrazio- possiamo ritirare solo quello contrattato. Relativamente al contratto gli industriali del pomodoro si attengono, precisa con una ulterore spiegazione Pancrazio, ai contratti e a quello che c'è scritto e che permettono di incrementare o diminuire il prezzo del 30%. Quindi, una quantità che è stata contrattata, per esempio, a 70 centesimi, può essere pagata anche a 50. L'anno scorso e due anni fa abbiamo pagato il 30% in più e abbiamo dato ai produttori fino a 110 centesimi. Quest'anno stiamo ritirando, come da contratto, dall'80% al 90% delle quantità contrattate. Tutto dipende dall'offerta di prodotto. «L'anno scorso - sottolinea infine - la quantità di pomodoro è stata spalmata per due-tre mesi e gli agricoltori sono riusciti a consegnare tutte le quantità. Quest'anno, invece, il clima estivo favorevole ha determinato un raccolto molto abbondante e concentrato in poche settimane"

Il presidente dell'Anicav si dichiara infine assolutamente favorevole ad una legge sull'etichetta, perchè in Europa l'Italia ha la leadership assoluta della produzione di pomodoro, a patto però che sia una legge europea e non solo italiana, altrimenti c'è il rischio di creare concorrenza sleale tra due Paesi della stessa nazione economica che è l'Europa.

La posizione del presidente dell’Anicav ha però immediatamente dato vita a degli interrogativi da parte delle organizzazioni agricole e in particolare da Coldiretti, protagonista negli ultimi giorni della manifestazione di protesta e che ha chiesto ad Anicav di rendere immediatamente pubblici i nomi delle industrie che nei loro stabilimenti lavorano il concentrato cinese per consentire di verificare con quali marchi viene rivenduto il prodotto e la sua reale destinazione

Secondo la banca dati dell’Istat – ha commentato Coldiretti - dalla Cina sono arrivati in Italia ben 52 milioni di chili di concentrato di pomodoro cinese nel solo primo semestre del 2010, con un aumento del 18 per cento rispetto allo scorso anno.

In assenza di questi chiarimenti, l’unica cosa certa e verificabile è - sottolinea la Coldiretti - che si sta registrando un aumento record del 18 per cento delle importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina da parte delle industrie che invece nonostante i contratti sottopagano i coltivatori del mezzogiorno che sono costretti ad accettare compensi inferiori del 30 per cento rispetto allo scorso anno, per non lasciare il pomodoro nazionale marcire nei campi.
L’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del pomodoro impiegato nelle conserve .- conclude la Coldiretti - contribuirebbe certamente a fare chiarezza, impedendo di “spacciare” come Made in Italy, in Italia e all’estero, quelle conserve ottenute con pomodoro cinese, con l’inganno per i consumatori e danni per i produttori

in data:25/09/2010

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