Filiera Corta
Ristoranti, un pranzo top vale 150 euro
In media in Italia pranzare senza vino nei migliori ristoranti si spendono circa 150 euro a testa. E' chiaro - si legge in una nota e' un dato in linea con la media europea ed e' di gran lunga inferiore ai grandi ristoranti francesi. E' quanto emerge da una ricerca dell'Aic (Accademia italiana della Cucina), realizzata con l'ausilio dei migliori cheef.
Ma e' un prezzo - continua la ricerca - che vale la pena spendere se pensiamo alla cura maniacale con cui vengono trattati i clienti in questi grandi ristoranti. Infatti a fronte di una media di 45 coperti per locale vi sono 8 addetti alla sala e ben 11 addetti alla cucina, per un totale di 19 addetti totali. Significa in media che ogni addetto del ristorante si prende cura di 2,4 clienti.
Protagonisti della ricerca sono gli attori principali della nostra tavola divenuti veri e propri "divi": da Massimiliano Alajmo a Carlo Cracco, da Massimo Bottura a Ciccio Sultano, da Moreno Cedroni ad Heinz Beck, solo per citarne alcuni. "Perche' se da un lato e' indubitabile che la cucina della tradizione nasce in casa - afferma Paolo Petroni, Presidente del Centro Studi dell'Accademia Italiana della Cucina - e' altrettanto vero che il guizzo innovativo trova la sua culla nelle cucine dei ristoranti. Per il nostro studio abbiamo selezionato alcuni grandi locali che a nostro parere bene rappresentano, anche territorialmente, il momento storico della nostra cucina. Oggi infatti solo i cuochi piu' avveduti dispongono di quelle conoscenze e di quelle attrezzature indispensabili per creare i presupposti di una cucina in continuo divenire"
La ricerca e' un capitolo fondamentale dell'omonimo volume - "Tradizione e Innovazione nella cucina italiana" - che rappresenta l'ultima iniziativa culturale dell'Accademia Italiana della Cucina, da oltre cinquant'anni impegnata in difesa della civilta' della tavola. "Se la tradizione nei suoi molteplici aspetti deve essere conservata come dimostra lo studio presente in questo libro - afferma Giovanni Ballarini, Presidente dell'Accademia Italiana della Cucina - va sempre anche messa in discussione, altrimenti rischia di degradare in stereotipi. Tradizione ed innovazione sono due aspetti di un'unica dinamica vitale: un'innovazione infatti per ritenersi buona deve comunque accrescere o per lo meno mantenere l'autorevolezza e il valore di precedenti conoscenze". Dalla ricerca dell'Accademia Italiana della Cucina emerge un dato su tutti: la tanto chiacchierata e discussa cucina molecolare non pare trovare sponda in nessuno dei ristoranti esaminati. Certo l'innovazione in questi ristoranti esiste eccome, ma buona parte di essa trae origine dalle innovative attrezzature di cucina, tanto che l'80% circa dei ristoranti coinvolti dichiara di utilizzare metodi di preparazione e cottura considerati moderni.
Tuttavia i nostri grandi chef rifiutano una connotazione netta e si definiscono, quasi tutti, tradizionali e innovativi allo stesso tempo. Non mancano alcuni estremi: Massimiliano Alajmo delle "Calandre" definisce la propria cucina "molto tradizionale" mentre Heinz Beck della "Pergola" si considera assolutamente "innovativo". C'e' anche chi descrive la propria cucina "creativa italiana" come Aimo Moroni del "Il luogo di Aimo e Nadia" oppure "solare" come Valeria Piccini Menichetti del ristorante "Caino".