Gli imprenditori del Gusto
Simone Bonini: “Smaschero gli impostori del gusto percorrendo la strada della contaminazione e condivisione"
L'ideatore del format di successo Gelato Carapina arriva nelle librerie con un volume su come far riconoscere un gelato artigianale da quello chimico, ma cerca anche di dare consigli su come fare qualità
Dai più è considerato il padre del gelato gastronomico, il Guru del settore. Amante da sempre del mondo del food e della cucina oggi Simone Bonini, ideatore del format di successo Gelato Carapina, è anche un autore della casa editrice Giunti con il libro “Il gelato a modo mio. Tutto l’anno nella cucina di casa”, una sorta di vademecum sulle origini del gelato, sugli ingredienti da utilizzare, su quali attrezzature utilizzare e su come riconoscere un gelato artigianale fatto di materie prime fresche da quello realizzato con polveri e ingredienti chimici. Con un passato da elettricista e da imprenditore di un’azienda di impiantistica industriale sogna per il futuro un programma Tv e un unico punto vendita diretto, dove sia più facile incontrarlo ma soprattutto dove possa avere più contatto con i clienti, perché il contatto genera- dice- contaminazione e condivisione.
Iniziamo subito con una provocazione, in Italia, oltre al suo, chi fa il gelato buono?
“Chi usa materie prime fresche, chi propone non più di 16 gusti, semplici, non mixati con pezzi e topping vari: tutti quegli artigiani i cui gelati, dopo 5/6 assaggi, ti fanno percepire la differenza tra i vari gusti non lasciando la bocca completamente devastata dal dolce eccessivo"
Appassionato di food e cucina da sempre ha scelto di investire sul gelato a causa di un modo vecchio di comunicarlo. Oggi però dopo il successo avuto non pensa mai di allargare il brand Carapina ad altri segmenti dell’agroalimentare escludendo i già presenti prodotti da forno, panettoni e lievitati presenti nella sua attività?
“Lo abbiamo già fatto proponendo biscotti, cioccolata e altri prodotti a marchio; nella prossima stagione è nostra volontà allargare sempre di più questo settore, soprattutto per differenziarsi da quella miriade di negozi oramai identici che propongono le stesse referenze, buone per carità, ma tutte uguali”.
Essendo considerato un “Guru” e padre del gelato gastronomico ci dà la sua ricetta sul modo di poter far conoscere meglio al grande pubblico il valore di un gelato artigianale?. Oggi regna ancora molta confusione e poca conoscenza nel campo dei consumatori. Non crede?
“Anzi la confusione è stata amplifica dal fatto che tutti ormai si sono gettati sul gelato gastronomico, tanto osteggiato prima, quanto riproposto adesso, generando disattenzione sulla qualità. Un gelato gastronomico è difficilmente giudicabile, ognuno lo valuterà a proprio gusto, ma un gelato alla nocciola, piuttosto che un sorbetto di frutta di stagione sarà classificato e soprattutto svelerà la qualità e la manualità di chi lo ha prodotto, fornendo gli indizi sulla reale artigianalità del negozio”.
Quanto costa fare un buon gelato artigianale? E gli attuali prezzi al consumo sono giusti?
“L’uniformità dei prezzi è il primo ostacolo e la prima barriera alla qualità: se il cliente legittimasse giustificando un prezzo diverso per ogni gusto, questo gioverebbe e sosterebbe i veri artigiani che purtroppo vengono schiacciati da una politica verso il basso dal fiorire di brand industriali che possono permettersi una politica di ribassi continui e inesorabile”.
Entrando nel privato che gusti di gelato preferisce?
“La mia preferenza è mossa dal mio stato d’animo, ma sempre dettata dal consumo in una tazzina in ceramica e mono gusto”.
Come nasce l’idea del recente suo libro dato alle stampe. E allo stesso tempo pensa anche ad altri strumenti mediatici per comunicare il buon gelato?
“L’idea nasce dalla mancanza di un libro che aiutasse il cliente a realizzarsi in proprio gelati e sorbetti, ma non solo, questo agevolerà la curiosità e la creazione di codici gustativi che aiuteranno il lettore a smascherare tutti gli “impostori del gusto”.
Per il futuro cosa dobbiamo aspettarci. Una nuova apertura imminente, la partecipazione ad un programma televisivo o una scelta imprenditoriale all’estero?
“Una cosa non esclude l’altra. Penso a un unico punto vendita diretto, dove sia più facile incontrarmi ma soprattutto dove io possa avere più contatto con i miei clienti, perché il contatto genera contaminazione e condivisione. La tivù mi piace, mi immagino in un programma televisivo, che al momento non vedo, di quelli con taglio moderno, con videocamera a mano, che visita botteghe, produttori e tutte quelle realtà che vivono facendo quella che io definisco “La vera rivoluzione e resistenza umana”. Produttori mossi come me da curiosità, sfida con se stessi e da una visione romantica del mondo, virtù che ritroviamo presenti in uomini e donne che si sono lanciati in sfide più grandi di loro consapevoli di aver intrapreso la strada meno battuta ma non per questo meno bella!”