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Solo tre centesimi per le aranciate di Rosarno

E' la cifra -spiega Coldiretti in un'analisi- che viene riconosciuta agli agricoltori a fronte di un costo sugli scaffali pari a 1,3 euro al litro

Roma - Per una aranciata venduta sugli scaffali a 1,3 euro al litro agli agricoltori vengono riconosciuti solo 3 centesimi per le arance contenute, del tutto insufficienti a coprire i costi di produzione e di raccolta. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata nel corso della mobilitazione con trattori e migliaia di agricoltori, lavoratori, cittadini e rappresentanti delle istituzioni locali, regionali e nazionali giunti a Rosarno per dire “No all’aranciata che spreme agricoltori, lavoratori e inganna i consumatori”.

La vera ragione dello sfruttamento va ricercata nel fatto che - sottolinea la Coldiretti - le bevande in vendita contengono solo il 12 per cento di vero succo, che le arance sono pagate ai produttori calabresi appena 8 centesimi al chilo e che nelle etichette non è indicata la vera origine e si permette che i concentrati importati dal Brasile siano spacciati come Made in Italy. Il risultato è – precisa la Coldiretti - una insufficiente remunerazione per i produttori con le arance che non vengono raccolte, bassa paga per i lavoratori extracomunitari con fenomeni di illegalità e chiusura delle industrie di trasformazione con perdite economiche, occupazionali ed un impatto devastante dal punto di vista ambientale sul territorio.

Serve un impegno delle Istituzioni ma anche una maggiore responsabilità sociale delle grandi imprese come la Coca Cola che detiene il marchio Fanta e che si è detta finalmente disponibile a “sedersi con i fornitori e le autorità locali per discutere possibili allineamenti strategici a lungo termine in grado di garantire un futuro di business reciprocamente vantaggioso con i produttori di succhi locali e, attraverso di loro, con le cooperative locali e gli agricoltori". Basterebbe - continua la Coldiretti - pagare le arance ai produttori qualche centesimo di piu’, aumentare di alcuni punti percentuali oltre il 12 per cento il succo di agrumi nelle bibite e indicare l’orgine delle arance sulle etichette delle bottiglie per spezzare, con trasparenza e legalità, la catena di sfruttamento che sottopaga il lavoro ed il suo prodotto.

In base di una legge nazionale ormai datata (Legge n. 286 del 1961) le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate a condizione che esse - sottolinea la Coldiretti - contengano appena il 12 per cento di succo di agrumi. Un inganno per i consumatori che mette di fatto anche un cappio al collo all’intera filiera agrumicola con lo sfruttamento dei lavoratori e dei produttori agricoli ai quali per le arance vengono riconosciuti circa 8 centesimi al chilo. Ogni punto percentuale di succo di arancia in piu’ oltre al 12 per cento corrisponde all’utilizzo di 25 milioni di chili in piu’ di arance pari a circa 560 ettari di agrumeto mentre pagando le arance a 15 centesimi/chilo (il costo per la sola raccolta è di 6 centesimi/chilo), in un litro di aranciata ci sarebbero 6 centesimi di arance con la possibilità - continua la Coldiretti - di remunerare adeguatamente il prodotto ed il lavoro per ottenerlo. L’aumento del succo contenuto nelle aranciate avrebbe anche positivi effetti per la salute con un aumento del consumo di frutta in Italia dove - conclude la Coldiretti - ci sono un milione di persone non mangiano mai frutta, secondo una analisi Coldiretti/Censis e si è verificato un preoccupante calo soprattutto tra i piu’ giovani.

 Intanto oggi il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania ha incontrato una delegazione della Coca Cola Company, composta da Salvatore Gabola, Direttore generale degli Affari pubblici per l’Europa, Alessandro Magnoni e Sara Ranzini, della direzione Comunicazione della multinazionale

“Abbiamo chiesto a Coca Cola - ha detto il ministro-  di rimanere sul nostro mercato e l’azienda ci ha assicurato che intende farlo e che intende continuare a comprare in Italia tutte le arance che sono necessarie alla produzione dei soft drinks che vengono commercializzati dall’impresa in Italia. La multinazionale non lascia Rosarno e i produttori della Piana di Gioia Tauro, anzi, ho appreso con soddisfazione che ci sarà, in futuro, un incremento nell’acquisto di succhi concentrati dalla Calabria e dalla Sicilia. Oltre a ciò, negli anni a venire, sarà adottata una contrattazione pluriennale tra le aziende, che darà modo ai soggetti a tutti i livelli della filiera di avere la necessaria serenità, senza il bisogno di rinegoziare annualmente prezzi e quantitativi”.

“Sarà comunque necessario – ha aggiunto il ministro Catania – uno sforzo di tutti, delle Istituzioni, delle Organizzazioni agricole e delle imprese, per rafforzare la filiera agrumicola meridionale, salvaguardando un reddito adeguato per gli agricoltori e corrette condizioni di lavoro per i salariati”.

“A tal fine il Ministero riunirà quanto prima tutti gli attori della filiera per porre le condizioni di una crescita durevole del settore. In questo quadro – ha concluso il Ministro Catania – giocherà sicuramente un ruolo positivo la nuova normativa varata dal governo sulle relazioni commerciali all’interno della filiera, che prevede contrattazioni scritte e tempi certi di pagamento”.

“Ringraziamo - ha commentato Confagricoltura - il ministro Catania e il management di Coca Cola Italia che ha deciso di confermare la sua fiducia al prodotto agrumicolo italiano per la produzione dell’aranciata destinata al mercato nazionale. Va ora affrontata con il ministero, ma anche con le regioni, la ristrutturazione del comparto agrumicolo calabrese e siciliano”.

“Quanto avvenuto a Rosarno nel gennaio 2010 è alle nostre spalle ma – ha proseguito Confagricoltura - purtroppo rimangono attuali tutti i problemi che caratterizzano la filiera agrumicola: dal prezzo riconosciuto agli agrumicoltori che non è remunerativo, alle opportunità di trasformazione e vendita non completamente colte”.

“E’ stato importante che, con i responsabili della Coca Cola, il ministro abbia discusso anche dei contratti di fornitura e dei termini di pagamento – ha concluso Confagricoltura -. Bisogna dare agli agricoltori certezze per poter definire un percorso operativo chiaro, che impedisca la perdita delle capacità produttive delle aziende che operano in un contesto difficile e che devono programmare la crescita, avviando la graduale e necessaria introduzione di nuove cultivar che ben si adattano alle particolari condizioni climatiche e di terreno delle aree vocate”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Coldiretti della Calabria Pietro Molinaro “Registriamo - ha detto -  positivamente la disponibilità di Coca Cola che, su sollecitazione del Ministro delle politiche Agricole Mario Catania, ha dichiarato l'impegno a continuare a lavorare con gli agrumicoltori della Piana di Rosarno-Gioia Tauro”.

E', però, indispensabile per Coldiretti - sottolinea Molinaro - formulare degli accordi che non prescindano dal riconoscimento dei costi di produzione e dalla remunerazione del prodotto garantendo un prezzo all'agrumicoltore almeno di 15 centesimi al chilo passando anche attraverso un accorciamento della filiera. Basterebbe - continua la Coldiretti - pagare le arance ai produttori qualche centesimo di piu’ rispetto agli 8 centesimi al chilo attuali, aumentare di alcuni punti percentuali oltre il 12 per cento il succo di agrumi nelle bibite e indicare l’origine delle arance sulle etichette delle bottiglie per spezzare, con trasparenza e legalità, la catena di sfruttamento che sottopaga il lavoro ed il suo prodotto. In base di una legge nazionale ormai datata (Legge n. 286 del 1961) le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate a condizione che esse - sottolinea la Coldiretti - contengano appena il 12 per cento di succo di agrumi. Un inganno per i consumatori che mette di fatto anche un cappio al collo all’intera filiera agrumicola con lo sfruttamento dei lavoratori e dei produttori agricoli ai quali per le arance vengono riconosciuti circa 8 centesimi al chilo. Ogni punto percentuale di succo di arancia in piu’ oltre al 12 per cento corrisponde all’utilizzo di 25 milioni di chili in piu’ di arance pari a circa 560 ettari di agrumeto, mentre pagando le arance a 15 centesimi/chilo (il costo per la sola raccolta è di 6 centesimi/chilo), in un litro di aranciata ci sarebbero 6 centesimi di arance con la possibilità - continua la Coldiretti - di remunerare adeguatamente il prodotto e il lavoro per ottenerlo. L’aumento del succo contenuto nelle aranciate avrebbe anche positivi effetti per la salute con un aumento del consumo di frutta in Italia dove - conclude la Coldiretti - ci sono un milione di persone che non mangiano mai frutta, secondo una analisi Coldiretti/Censis e si è verificato un preoccupante calo soprattutto tra i piu’ giovani.

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