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Trend di ripresa per la ristorazione. Il bilancio torna a livello pre-crisi
Ad oggi- secondo Fipe- oltre 5 milioni fanno colazione tutti i giorni al bar e 13 milioni pranzano abitualmente fuori casa. Il mangiare fuori casa cresce del 3%
Roma- La parola chiave è pre- crisi. Le famiglie italiane sono tornate a mangiare fuori casa con una crescita nel 2017 del 3 per cento rispetto al 2016 per una spesa complessiva di oltre 83 miliardi. Il risultato del nuovo report sul trend economico sulla ristorazione ha evidenziato una crisi dei consumi alimentari in casa (-10,5% pari a una flessione di 15,9 miliardi di euro tra il 2007 e il 2016) determinando- si legge in una nota della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe)- che il peso della ristorazione sul totale dei consumi alimentari guadagnasse ancora qualche posizione, rafforzando la tesi che vede gli italiani come un popolo a cui piace stare fuori casa. Il fuoricasa- si spiega ancora- vale ormai oltre il 35% (36% nel 2017) del totale dei consumi alimentari delle famiglie con un trend di moderata ma costante crescita. Il valore aggiunto dei servizi di ristorazione è stimato nel 2016 in oltre 41 miliardi di euro. Ad oggi oltre 5 milioni fanno colazione tutti i giorni al bar e 13 milioni pranzano abitualmente fuori casa.
Dal rapporto Fipe, quest'anno dedicato a Gualtiero Marchesi, "intelligenza e umanità della ristorazione italiana", emerge dunque un quadro sulla ristorazione di sostanziale ottimismo soprattutto per quanto concerne l'andamento dei consumi alimentari fuoricasa, ormai attestati sul 36% dei consumi alimentari complessivi, e il fronte occupazionale, con una crescita del 3,3% sull'anno precedente. Continuano a preoccupare, invece, l'elevato numero di aziende che chiudono e un tasso di produttività che resta sotto i livelli pre-crisi. "I numeri del Rapporto Ristorazione 2017 confermano un trend di ripresa che porta i consumi nella ristorazione al livello pre-crisi - è il commento di Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe -. Anche sotto il profilo dell'occupazione il nostro settore si conferma tra i pochi in grado di creare nuovi posti di lavoro. Restiamo la componente principale della filiera agroalimentare italiana nella creazione di valore e di occupazione".
"Non mancano, tuttavia, le ombre. Il numero di imprese che chiudono resta elevato - prosegue Stoppani - e la produttività rimane sotto ai livelli toccati prima della crisi. Diventa difficile in queste condizioni trovare le risorse per investire e per fare quelle innovazioni di cui il settore ha grande bisogno. Anche i recenti provvedimenti approvati con la legge di bilancio 2018, in particolare quello sui distretti del cibo, che vedono emarginato il ruolo della Ristorazione, nonostante i titoli e i numeri che esprime, esclusa dalle utilità e dai contributi inseriti nel provvedimento, con il rischio aggiuntivo di ulteriore dequalificazione, vista l’estensione della somministrazione di cibi alle imprese agricole, anche in forma itinerante".
La “demografia” dei pubblici esercizi
Secondo le ultime rilevazioni di Fipe negli archivi delle Camere di Commercio Italiane risultano attive 329.787 imprese di ristorazione. La Lombardia è la prima regione per presenza di imprese del settore, con una quota sul totale pari al 15,4%, seguita da Lazio (10,9%) e Campania (9,5%). La rete dei pubblici esercizi è dunque ampia e articolata sull'intero territorio nazionale, nei piccoli come nei grandi centri urbani. La ditta individuale resta la forma giuridica prevalente, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno dove la quota sul totale raggiunge soglie che arrivano ad oltre il 70% del numero complessivo delle imprese attive (è il caso della Calabria). Le società di persone si confermano invece opzione diffusa di organizzazione imprenditoriale nelle aree settentrionali del Paese. Il 32,4% delle imprese è attiva come società di persone, mentre la quota delle società di capitale è di poco al di sopra del 12%. In tale contesto merita una segnalazione il 12,3% della Lombardia al Nord, il 26% del Lazio al Centro e il 14,7% della Campania al Sud. Alle "altre forme giuridiche" che ricomprendono, ad esempio, le cooperative va la quota residua dell'1,2%.
I ristoranti in particolare ammontano a 177.241 unità. Il consolidato sorpasso dei ristoranti sul bar è il risultato di un'evoluzione del mercato che si è accompagnata al cambiamento del sistema delle regole grazie ai quali gli imprenditori privilegiano di qualificarsi come ristoranti, anziché bar, per disporre di meno vincoli nello svolgimento dell'attività.
L'uso della tecnologia nei pubblici esercizi
Il pubblico esercizio risulta un settore forte sul prodotto (scelta e preparazione delle materie prime) ma molto debole sulla gestione, il marketing e l'innovazione, sia nel back office che nel front office. Solo il 40% delle imprese di ristorazione utilizza strumenti di gestione dei processi interni. Si tratta prevalentemente di applicazioni per la gestione delle comande (17%) o di soluzioni per la fatturazione elettronica (13%). Appena il 7% ricorre alle tecniche del cosiddetto menu engineering e il 6% ad applicazioni per la gestione on line delle prenotazioni. Per quanto riguarda la tecnologia di relazione con il cliente risulta evidente come l'attività in cui i ristoratori risultino più digitali, sia quella che ha a che fare con le recensioni. L'81% legge le recensioni sui siti e il 27%, pochi per la verità, spinge i clienti a scrivere recensioni. Il 41% dei ristoranti non ha alcun account social.
L'occupazione
I pubblici esercizi contano oltre un milione di unità di lavoro. D'altra parte il lavoro resta la componente essenziale per la produzione dei servizi di ristorazione. L'input di lavoro del 2016 è superiore del 3,3% rispetto all'anno precedente. L'80% delle unità di lavoro dell'intero settore "alberghi e pubblici esercizi" è impiegato nelle imprese della ristorazione, un dato in crescita nel corso di questi ultimi anni.
I prezzi
I prezzi dei servizi di ristorazione commerciale fanno registrare a dicembre 2017 una variazione dello 0,1% rispetto al mese precedente e dell'1,1% rispetto allo stesso mese di un anno fa. Per la ristorazione collettiva l'incremento invece è dello 0,7%. L'inflazione media annua si attesta a +1,1% per l'intero settore, valore identico per la sola ristorazione commerciale (bar, ristoranti, fast food). Entrando nello specifico dei diversi canali, al bar la variazione media annua della caffetteria è dell'1,2%. Più vivace, al contrario, la dinamica dei prezzi degli snack (+1,8%) e dei prodotti di gelateria e pasticceria sia al bar che altrove (+1,7% e + 2,0%).
Ristoranti tradizionali e pizzerie registrano aumenti medi sul 2016 rispettivamente di +0,9% e +1,3%. Meno vivaci i prezzi della ristorazione veloce +0,6%. Il self service fa segnare un +1,0%.