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Unaprol, la Pac non può essere un bancomat per i settori che non sono in crisi
Massimo Gargano, presidente del Consorzio olivicolo italiano, ritiene che la proposta formulata nella Conferenza Stato Regioni non è accettabile perché drena risorse a favore di chi, in alcuni casi, ne ha meno bisogno o ne può fare a meno
Roma – “Non si può applicare la Politica agricola comune (Pac) utilizzandola come il bancomat per finanziare settori produttivi che non sono in crisi o che non subiscano la crisi almeno quanto il settore dell’olio di oliva”. Ad affermarlo è Massimo Gargano presidente di Unaprol che aggiunge “così com’è stata formulata la proposta nella Conferenza Stato Regioni non è accettabile perché drena risorse a favore di chi, in alcuni casi ne ha meno bisogno, e in tutti gli altri ne può fare sicuramente a meno”. Per Unaprol occorre evitare che venga ridotto il pagamento di base a tutti i produttori per favorire o finanziare settori che non hanno problemi di mercato.
La crisi dell’olivicoltura italiana, schiacciata da una forte concorrenza sleale di prezzi al ribasso e da un sistema di normative comunitarie e del commercio internazionale che non aiutano a distinguere la qualità italiana sullo scaffale, ha già prodotto i suoi effetti. Secondo i dati Istat la produzione della campagna 2013/2014, è stimata a circa 477.000 tonnellate di olio di pressione. Il dato di fonte Agea, proveniente dai registri gestiti dal Sin indica, invece, per la campagna 2013/2014 (al 14/03/2014) un livello produttivo pari a 322.000 tonnellate.
I primi dati esprimono la potenzialità produttiva derivante dalla distribuzione territoriale delle superfici (1.123.330 ha dati Istat 2010), dalla considerazione delle rese medie, dalle tipologie di sesto di impianto, dal numero di piante. I secondi dati, invece, derivanti dai registri, a pieno regime dalla prossima campagna produttiva, rimandano volumi di produzione inferiori, in quanto mancano sì alcune rilevazioni (campagna olearia non ancora conclusa), “ed essendo dichiarativi – afferma Gargano - evidenziano le problematiche della non raccolta e dell’abbandono, che è rilevabile in alcune zone della penisola”.
Ridurre i sostegni al settore olivicolo significa penalizzare fortemente l’olio extra vergine di oliva italiano che il simbolo del made in in Italy agroalimentare più apprezzato dai consumatori di tutto il mondo; rischia, inoltre, di innescare a catena un disastro ambientale con conseguente dissesto idrogeologico per centinaia di migliaia di ettari nel nostro Paese soprattutto in zone che non sono pianeggianti. Vi è poi una preoccupazione di carattere politico che va evidenziata e messa in relazione alla territorialità delle richieste. Sembra che a parlare di Pac siano solo le regioni del Nord: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che non chiedono certamente di drenare risorse verso il settore olivicolo. Manca ancora una voce forte da parte delle regioni del Centro e del Sud dove l’olivicoltura significa reddito per le imprese, occupazione con circa 60 milioni di giornate di lavoro di manodopera agricola, ricchezza per l’indotto collegato ed il sistema della trasformazione con oltre 4mila e 500 frantoi operativi. “Non vorrei ha concluso Gargano che l’olivicoltura sia barattata con altri settori produttivi, come è già accaduto in passato e che disattenzioni e insensibilità diffuse finiscano col mettere in crisi un settore che vale oltre 3 miliardi di euro di fatturato, cui si aggiungono 2 miliardi euro di valore alla pianta e oltre un 1miliardo e trecento milioni di euro di export all’anno in tutto il mondo”.