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Vino, fatturato in crescita per le aziende italiane

A certificarlo è il report di Mediobanca sul settore vinicolo italiano e internazionale che analizza i volumi aggregati del periodo 2012-2016, integrati con interviste alle imprese per i dati pre-consuntivi del 2017 e le attese sulle vendite del 2018

Roma- I dati pre-consuntivi del 2017 del comparto vinicolo italiano mostrano un settore in crescita per l'ottavo anno consecutivo (+6,5% rispetto al 2016). Si tratta del maggior incremento degli ultimi 5 anni. Anche nel 2017 l'export ha rappresentato il volano delle vendite (+7,7% sul 2016), in un quadro in cui anche il mercato domestico ha fornito un contributo decisivo (+5,2%). Gli "spumanti" (+9,9% sul 2016) crescono di più dei "vini non spumanti" (+5,6%) e anche sul fronte dell'occupazione il mondo del vino registra un aumento, con un +1,8% rispetto al 2016. L'Area Studi di Mediobanca ha presentato l'aggiornamento annuale dell'indagine sul settore vinicolo italiano e internazionale che analizza i volumi aggregati del periodo 2012-2016, integrati con interviste alle imprese per i dati pre-consuntivi del 2017 e le attese sulle vendite del 2018. Quali sono le previsioni per il 2018? In linea con il segno più dei principali indicatori, le aspettative di vendite per il 2018 restano positive: il 93% delle società esaminate prevede di non subire un calo delle vendite nell'anno in corso, mentre solo il 7% attende una flessione dei ricavi. Il 17,4% ritiene addirittura che la crescita sarà superiore al 10%.

Secondo il report di Mediobanca i tre maggiori produttori per fatturato nel 2017 sono stati il gruppo Cantine Riunite-GIV (€ 594 mln, +5,1% sul 2016), Caviro (€ 315 mln, +3,9%) e Antinori (€ 221 mln, +0,4% sul 2016). Seguono Zonin, che ha realizzato una crescita del 4,2% portandosi a € 201 mln, e la Fratelli Martini a € 194 mln (+13,3%). Sette società hanno realizzato nel 2017 un aumento dei ricavi superiore al 10%: La Marca (+30,7%), Farnese (+28%), Ruffino (+15,5%), Enoitalia (+14,5%), Contri (+14,1%), Fratelli Martini (+13,3%) e Mezzacorona (+13,1%). Alcune delle società esaminate hanno una quota di fatturato estero quasi totalitaria, come Botter al 96%, Ruffino al 93,3%, F.lli Martini con l'89,9%, Mondodelvino (85,4%), Zonin con l'85,1%, La Marca e Schenk entrambe all'82,7%, Farnese con l'81,9% e la cooperativa Cavit (80%). Solo otto gruppi hanno una quota di export inferiore al 50% delle vendite. Per quanto riguarda i mercati esteri, nel 2017 l'area più dinamica è stata quella asiatica (+21,1% le vendite sul 2016), dove si realizza però solo il 4,2% dell'export. Cresce anche il Sud America (+20,1%), pur rappresentando appena l'1,4% del fatturato estero delle vinicole italiane. I Paesi Ue rappresentano il principale mercato di sbocco e concentrano il 53,4% dell'export, con una crescita dell'8,6% rispetto al 2016. Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non UE hanno rappresentato il 9,1% del totale (crescita del 5,8%) e il Nord America è cresciuto del 5,7% per una quota pari al 31,9%. Nel complesso, le esportazioni italiane di vino sono cresciute nel 2017 del 7,7% sul 2016.

La classifica dei produttori in base alla forza dei loro bilanci - basata su un indicatore di sintesi delle performance economiche e patrimoniali del 2016 - vede la presenza tra le prime dieci società di ben sei produttori veneti, tre toscani e uno piemontese, con Villa Sandi, Mionetto, Vinicola Serena e Botter con i migliori punteggi, seguite da Masi, dalla toscana Ruffino e da Santa Margherita. Anche nel 2017 le società toscane e venete si confermano in testa per redditività (utile sul fatturato) con Antinori al 25%, Frescobaldi al 20,5%, Santa Margherita al 17,2%, Ruffino al 15,7% seguite da Botter (8,6%), Mionetto (5,7%) e Villa Sandi (5,5%). Le società venete primeggiano, soprattutto sotto il profilo reddituale (roi al 9,4% contro il 6,8% nazionale; roe all'11,4% contro il 7,9%); figurano bene anche le toscane (roi all'8,7% e roe all'8,4%) che appaiono solide patrimonialmente (debiti finanziari al 33,2% dei mezzi propri contro il 63,4% nazionale), efficienti (costo del lavoro per unità di prodotto al 44,4% contro 58,6%) e vocate all'export (64,4% contro 51,4%).

in data:12/04/2018

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