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Vino, la sorpresa dei Paesi “emergenti”

Il vigneto è concentrato in Europa ma a livello commerciale i partners del “Nuovo mondo” sono sempre meno “emergenti” e sempre più competitivi

Roma- Anche per l’ultima vendemmia i tradizionali Paesi produttori di vino (Italia, Francia e Spagna) hanno mantenuto la loro indiscussa leadership produttiva ma i numeri testimoniano una singolare crescita della concorrenza extra Ue.  In un mercato internazionale sempre più articolato, infatti, i dati confermano l’incremento delle performance produttive e commerciali dei Paesi del “Nuovo mondo”.

Dal punto di vista strutturale, il divario appare particolarmente evidente dato che – anche a causa dalla concessione di premi per l’abbandono definitivo dei vigneti – le superfici vitate europee hanno subìto una drastica riduzione (oltre 170 mila ettari nell’ultimo quinquennio) mentre, nel contempo, i vigneti extra Ue (in particolare in Argentina, Cile e in Cina) si sono ampliati e rafforzati.

Di pari passo, stando ai dati Oiv (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) anche nei Paesi del “Nuovo mondo” non direttamente interessati da un sostanziale incremento delle superfici vitate, si è comunque registrato (nel periodo 2010-2014) un progressivo rialzo produttivo: è il caso degli Stati Uniti d’America, la cui produzione vitivinicola ha subìto un balzo di oltre 1,5 milioni di ettolitri (+7,7%) e, a seguire, l’Australia (+1,1 milioni di ettolitri, +10%), il Sudafrica (+2 milioni di ettolitri, +22,4%) e il Cile (+1,2 milioni di ettolitri, +13,4%).

E anche dal punto di vista commerciale, i dati Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare) relativi all’export 2013, infatti, hanno fatto registrare numeri di tutto rispetto per alcuni paesi extra Ue: è il caso del Cile (quasi 8,9 milioni di ettolitri, +17,6% su base annua) – divenuto quarto players mondiale nel commercio estero di vino – degli Stati Uniti (oltre 4,1 milioni di ettolitri, +3,5%) e del Sudafrica (oltre 5,5 milioni di ettolitri, +34,3%).
Dall’altra parte – nonostante la mantenuta supremazia mondiale – sono comunque calati i numeri relativi al commercio estero di Italia (-4,3%), Spagna (-16,6%) e Francia (-3%).

E’ evidente che i dati produttivi e commerciali testimoniano una ri-distribuzione dei volumi oltre che una chiara evoluzione della mappa della domanda e l’offerta enoica.

C’è da dire peraltro che i Paesi extra Ue sono tendenzialmente interessati – anche in tal caso, contrariamente ai mercati europei – da un incremento dei consumi domestici.
Situazione che, letta unitamente all’incremento della produzione vitivinicola extra UE, può causare (oltre che una concorrenza commerciale sempre più accesa con i pilastri europei nei principali mercati clienti) una tendenza all’auto-approvvigionamento della domanda interna, come detto in alcuni casi in sostanziale crescita.

In sintesi, i numeri inducono a considerare i Paesi del “Nuovo mondo” (almeno alcuni di essi) sempre meno “emergenti” e sempre più competitivi, players di un mercato globale nel quale – almeno a livello commerciale – niente può essere dato per scontato.

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