Agronews
Vino, negli Stati Uniti l'Italian style fa la differenza
I prodotti tricolore, secondo analisi dell'Isttuto Grandi Marchi e Nomisma Wine Monitor, hanno nelle fasce “premium” un posizionamento tra i più alti in riferimento all’importazione. Il prezzo dei rossi è in linea con quelli francesi
Roma- Ormai è risaputo ed è chiaro a tutti: gli americani hanno un debole per le buone cose, per il buon cibo e anche per il vino di alta qualità. L’ultima certificazione arriva dall'Istituto Grandi Marchi e Nomisma Wine Monitor con un’indagine su 2.400 consumatori di vino dei 4 Stati federali maggiori importatori di vino italiano (New York, Florida, New Jersey, California). Dall’analisi sono emerse le “caratteristiche organolettiche” dei wine lowers degli Stati Uniti: ha un reddito familiare alto (54%) e un titolo di studio alto (49%), il 46% si definisce esperto/wine lover, il 43% è un millennial tra i 21 e i 35 anni, mentre il 43% appartiene alla cosiddetta Generation x (36-51 anni). Comprano vino on line e abitano in prevalenza tra la California e New York (40% entrambi).
Ad oggi Il Paese a stelle e strisce rappresenta il primo mercato al mondo per consumi di vino e ha delle potenzialità di crescita ancora rilevanti. Nel corso degli ultimi dieci anni, i consumi sono aumentati a volume del 28% arrivando a 32 milioni di ettolitri; nonostante ciò pesano ancora per appena il 10% sul consumo totale di bevande alcooliche (per l’80% si tratta di birra). Inoltre, il 44% di tutti i consumi di vino si concentrano, come detto. in appena 5 Stati: New York, California, New Jersey, Texas e Florida. Cosa poi da no sottovalutare che circa un terzo dei consumi statunitensi di vino si riferisce a prodotti d’importazione con una crescita nell’ultimo decennio delle importazioni pari al 33%, arrivando ad un valore di circa 5,5 miliardi di dollari. Rispetto alle principali tipologie di vino importato, la quota dell’Italia è passata dal 31% al 34% nel caso dei vini fermi imbottigliati e dal 13% al 32% nel caso degli spumanti. Più in generale- spiega Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor- nell’ultimo quinquennio il prezzo dei vini fermi imbottigliati importati negli Usa è cresciuto di quasi il 10%, passando da 5,32 $/litro ai 5,82 $/litro del 2017, così come, nel corso dell’ultimo anno, le vendite di vini fermi nel canale off-trade con prezzo superiore a 20 $ a bottiglia sono cresciute di quasi l’8%, contro il 2,4% dei vini con prezzo inferiore.
La ricerca inoltre mette in evidenza come l’Italia abbia un enorme vantaggio competitivo rispetto ad altri Paesi importatori dato dal fatto che la penisola gode di una reputazione molto elevata presso il consumatore americano. Il vino italiano- si spiega- piace soprattutto quando rispecchia il nostro stile, cioè l’Italian style, che è collegato, secondo gli intervistati, ai concetti di bellezza, moda e lusso. E in effetti, il posizionamento dell’Italia nelle fasce “premium” in termini di quota sulle vendite nel canale off-trade è tra i più alti in riferimento ai vini di importazione. Nel caso dei vini rossi fermi, a fronte di una incidenza complessiva del 7% sulle vendite totali, la quota di mercato supera l’8% in tutte le fasce di prezzo superiori ai 20 $ a bottiglia; ma non solo: arriva a superare il 10% nella fascia di prezzo da 31 $ e oltre. A questo proposito è interessante evidenziare come, in virtù di questo “alto” posizionamento, il prezzo medio dei vini rossi italiani venduti nell’off-trade è in linea a quello dei rossi francesi (12,3 $ vs 12,4 $). Anche nel caso dei vini bianchi fermi a fronte di un’incidenza sulle vendite della tipologia del 13%, la relativa quota di mercato arriva al 42% nella fascia 20 – 24,99$ a bottiglia.