La Forchetta Dispettosa
Da popolo di santi, poeti e navigatori a uno di aspiranti chef. Ne è valsa la pena?
Popolo di santi, poeti e navigatori. La frase campeggia sul Palazzo della Civiltà del lavoro a Roma Eur e consente senza dubbio di volare alto sull’immagine collettiva degli italiani nel mondo a prescindere dal contesto storico nel quale è stata scritta. Oggi, malgrado tutto e nel rispetto delle professioni e delle proprie passioni, la tendenza del momento ci porta invece a tramutare virtualmente la frase in popolo di aspiranti chef, gourmet di grido, critici gastronomici, sapienti degustatori e proprietari cool di orti di campagna. Un po’ poco rispetto a quella precedente che classifica il popolo italiano come portatore di civiltà nei secoli a tutto il mondo.
Detto questo non c’è volontà di dire che la cucina d’autore e l’enogastronomia non siano cultura di un territorio e testimonial di un’ Italia sana. Anzi. Quello che si chiede è di riportare il tutto a un livello di normalità e di giusto apprezzamento senza continuare ad amplificare e “sfruttare” mediaticamente in maniera eccessiva un settore dove purtroppo il ritorno economico fino a questo momento non ha fatto la fortuna di tutti, ma solo di pochi creando “Divi” e gioie imprenditoriali inaspettate nascondendo i veri mali del Paese registrati severamente dalle analisi Istat sui consumi alimentari in continua e pericolosa diminuzione e illudendo, ahimè, ragazzi in cerca di lavoro che intravedono in una futura carriera da chef la loro terra promessa.
Il gioco sembra quindi non valere la candela se si guarda ai probabili effetti e per dirla in parole povere non sembra neanche conveniente enfatizzare troppo un settore che è fondamentale per il Made in Italy e per l'indotto che genera, ma è in un momento in cui i ristoranti, discernendo dal parere di molti, non sono così pieni da come si vuole far credere, mentre le scuole di cucina e di comparto finalizzate a creare futuri chef, aspiranti comunicatori enogastronomici e della cucina d'autore, dal pedigree altisonante e dalla storia importante, hanno i conti in rosso e rischiano la chiusura con il pericolo di produrre solo una fabbrica di disoccupati con l’esito di averli sedotti e abbandonati in un' Italia che fatica a ripartire
Gianluca Pacella
in data:02/06/2014