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“Effetto Covid”: l’industria alimentare guarda al fine anno con forti preoccupazioni
Solo il 20% delle aziende prevede nel 2020 un incremento del fatturato in Italia e all’estero. Emerge da rapporto Nomisma per Centromarca e Ibc
Roma- L’industria alimentare guarda al fine anno con forti preoccupazioni. Lo evidenzia il Rapporto L’industria alimentare italiana oltre il Covid-19 – Competitività, impatti socio-economici, prospettive redatto da Nomisma per Centromarca e Ibc, presentato dalla società di ricerche. Per effetto delle dinamiche innescate dal lockdown (tra cui il sostanziale blocco dell’Horeca, i cui consumi valgono il 34% del totale food&beverage Italia) e delle incertezze legate all’evoluzione dell’emergenza sanitaria, solo il 20% delle aziende prevede nel 2020 un incremento del fatturato in Italia e all’estero. Per il 15% il turnover sarà in linea con l’anno precedente, mentre per il 62% l’anno si chiuderà con una contrazione delle vendite (superiore al 15% per il 38% delle imprese). I dati sull’andamento del giro d’affari confermano la previsione: -9,5% ad aprile (sullo stesso mese 2019), -5,8% a maggio e -1,1% sia a giugno che a luglio.
L’importanza dell’industria di trasformazione alimentare si è confermata nei primi sette mesi di quest’anno. In uno dei momenti più difficili nella storia dell’economia italiana, le vendite al dettaglio di prodotti alimentari (+3,3% rispetto al -17,6% degli altri prodotti rispetto al periodo gennaio-luglio 2019) hanno sostenuto anche l’attività della Grande Distribuzione (+4,4% contro un valore delle vendite complessive nello stesso canale del -4%) e delle piccole superfici (+3,9%), un format, quest’ultimo, che negli ultimi cinque anni ha costantemente registrato cali di fatturato. Anche sul fronte dell’export, i primi sette mesi evidenziano ancora un risultato cumulato positivo per l’alimentare italiano (+3,5%) a fronte di un crollo complessivo di tutte le esportazioni, pari al -14%, sebbene aprile e maggio abbiano registrato cali sensibili (rispettivamente -1 e -12%). L’indagine, che ha coinvolto 200 imprese del food&beverage italiano, ha evidenziato che il 42% degli esportatori lamenta comunque una contrazione sui mercati esteri e il 35% delle aziende teme, per il futuro, una perdita di posizionamento dei propri prodotti a causa di un maggior protagonismo delle imprese locali.
Negli investimenti prevale la prudenza. Prima dell’emergenza l’82% delle aziende ne aveva pianificati per quest’anno, ma mancanza di liquidità, difficoltà di accesso al credito e congiuntura negativa spingono ora il 38% delle imprese a rimodularli e il 31% a rinviarli. Il rimanente 31% prevede di mantenerli, destinandoli in particolare all’acquisto di impianti e macchinari funzionali al ciclo produttivo (86%), di nuove tecnologie (46%) e a ricerca e sviluppo di nuovi prodotti (39%).