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Banco di prova per l'industria della ristorazione. Fanno paura i prossimi sei mesi

Il 66% dei professionisti presenti in Italia sono convinti che la situazione economica negativa potrebbe inasprirsi nel giro di un semestre

Roma-  I calcoli sono prematuri e sicuramente è presto per capire quanto sia costata all’industria della ristorazione la crisi causata dal Coronavirus.   Al momento l'unica cosa certa che nessuno può spiegarne meglio gli effetti come coloro che l’hanno vissuta in prima linea.  A rilevarlo un'inchiesta promossa da S.Pellegrino e Acqua Panna, condotta su un campione di oltre 10.500 soggetti intervistati in tutto il mondo per capire come sono cambiati i comportamenti relativi al cibo e al piacere di frequentare i ristoranti.

 

 

Al sondaggio "Coronavirus e Ristorazione", anonimo, hanno risposto 7.917 persone da tutto il mondo, soprattutto donne (73%) con una percentuale del 38% di abitanti in grandi città. Gli italiani che hanno partecipato al sondaggio sono stati 1.535 e hanno raccontato, rispondendo al questionario, come hanno vissuto il lockdown tra le limitazioni degli spostamenti personali e la chiusura dei ristoranti al pubblico. Dei 2.708 professionisti che hanno partecipato al sondaggio, l’88% lavora in ristoranti o hotel e l’80% ha un’esperienza nel settore di oltre 6 anni. La percentuale italiana è pari all’11% ovvero a 304 professionisti, di cui il 67% con il ruolo di Executive o Capo Chef.

Tra gli ementi emersi dall'indagine emerge in particolare che  la difficoltà e le preoccupazioni relative al futuro dell’industria della ristorazione coinvolgono il 51% (66% in Italia) dei professionisti convinti che la situazione economica negativa potrebbe inasprirsi nel giro del prossimo semestre.  Solo il 27% degli intervistati ritiene che siano stati adottati provvedimenti adeguati a supporto della ristorazione da parte dei rispettivi governi. Fra coloro che non vantavano rapporti di lavoro continuativi pre-crisi, il 65% (56% in Italia) ha perso la propria occupazione. Il 72% di coloro che sono regolarmente impiegati temono di perdere il proprio lavoro (la percentuale sale all’80% in Italia)) a causa di una crisi che potrebbe acuirsi nei prossimi mesi. 

Un quarto dei consumatori coinvolti nel sondaggio dichiara di avere utilizzato servizi di delivery durante il lockdown. Il 33% in Italia (stessa percentuale Usa) dichiara di avere utilizzato il servizio delivery più spesso che in precedenza. I più refrattari al delivery, ma anche al take away, sono i francesi. Il 60% del pubblico intervistato afferma di avere migliorato la propria abilità in cucina: in particolare il 40% sostiene di aver imparato o migliorato tecniche legate alla panificazione e al mondo dei lievitati, il 39% ha imparato nuove tecniche seguendo i consigli dei grandi chef mentre il 33% degli intervistati dimostra maggiore consapevolezza rispetto allo spreco alimentare.  Infine ai consumatori manca decisamente l’esperienza di un pasto fuoricasa: il 40% in particolare ha nostalgia delle implicazioni sociali che un pranzo o una cena al ristorante comportano, molto più che del puro piacere della novità o della scoperta legata all’esperienza del cibo.

 

 

in data:06/06/2020

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