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Il salvataggio della Parmalat passa per il Tesoro
Il Consiglio dei ministri ha autorizzato il dicastero economico a predisporre strumenti di finanziamento mirati ad assumere partecipazioni in società di interesse nazionale. Intanto l'alternativa italiana a Lactalis sarebbe pronta
Roma - La macchina “Salva Parmalat” mette in campo il ministero dell'Economia e delle finanze. Il Consiglio dei Ministri ha infatti autorizzato il dicastero economico a predisporre ed attivare strumenti di finanziamento e capitalizzazione, analoghi a quelli in essere in altri Paesi europei,e mirati ad assumere partecipazioni in società di interesse nazionale rilevante in termini di strategicità del settore e di livelli occupazionali. E Parmalat dunque, dall’interpretazione del provvedimento. è inclusa nella casistica. Allo stesso tempo si apprende che l'operazione di Intesa Sanpaolo per un 'altermativa a Lactalis sta andando in porto. Domani mattina si legge in una nota - arriverà sul tavolo del consiglio d'amministrazione del gruppo di Collecchio una lettera che offrirà ai consiglieri la base per decidere sul rinvio dell'assemblea prevista per metà aprile. Il documento, secondo indiscrezioni, è pronto e verrà spedito da un soggetto in rappresentanza di Intesa SanPaolo. In particolare, nella missiva si afferma che è stata individuata un'alternativa di lungo periodo e di stampo italiano.
La decisione governativa è invece ufficializzata nella giornata in cui il gruppo francese lattiero caserario Lactalis ha raggiunto il 28,97% del capitale sociale di Parmalat. I transalpini hanno infatti esercitato la facoltà per la consegna fisica anticipata delle complessive 260.688.000 azioni ordinarie Parmalat (pari al 15% del capitale sociale) sottostanti i tre contratti di equity swap indicati nel precedente comunicato diffuso al mercato lo scorso 23 marzo. A seguito di tale esercizio il gruppo si legge in una nota - ''detiene alla data odierna una partecipazione effettiva complessiva pari al 28,97% del capitale sociale di Parmalat'.
Lactalis inoltre si è affrettata a precisare che la loro quota non è di controllo e ''ritiene che il suo ingresso nel capitale di Parmalat non possa essere considerato come una acquisizione del controllo della Parmalat ai sensi del regolamento sul controllo delle concentrazioni, e che, pertanto, non vi sia la necessità di procedere ad una notifica preventiva''.
Una quota che anche secondo il Tesoro non può obbligare il gruppo francese a presentare un' Opa. Il superamento della soglia del 30% non comporta – si legge in una nota - l'obbligo di promuovere l'opa laddove la soglia del 30% sia superata per non più del 3% e l'acquirente si impegni a cedere le azioni in eccedenza entro dodici mesi e a non esercitare i relativi diritti di voto (esenzione da acquisto temporaneo). Le norme previste dall'articolo 49 della delibera Consob 11971/99 e ricordate dal Tesoro nella risposta a un'interrogazione parlamentare in commissione Finanze della Camera del deputato Maurizio Fugatti (Lega) e altri. Detto in parole povere, Lactalis - che già detiene quasi il 29% di Parmalat - può arrivare poco sotto la soglia del 33% e non dover essere costretta alanciare l'Opa su Parmalat, se si impegna a cedere le azioni in eccedenza entro un anno e a non esercitare i relativi diritti di voto. Il ministero sottolinea, inoltre, che ad oggi "la partecipazione complessiva acquistata o acquistabile del gruppo Lactalis non risulta aver mai superato la soglia del 30% del capitale di Parmalat, rilevante ai fini dell'obbligo di promuovere un'offerta pubblica d'acquisto".
Relativamente invece all’autorizzazione data da Palazzo Chigi al Tesoro si suppone che il braccio operativo dell’operazione possa essere la Cassa Depositi e prestiti che ha nella sua missio quella di finanziare lo sviluppo del Paese. Lo Stato possiede della Cassa Depositi il 70% del capitale il 30% detenuto da 66 fondazioni di origine bancaria.
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