Ti informiamo che, per migliorare la tua esperienza di navigazione questo sito utilizza dei cookie. In particolare il sito utilizza cookie tecnici e cookie di terze parti che consentono a queste ultime di accedere a dati personali raccolti durante la navigazione. Per maggiori informazioni consulta l’informativa estesa ai sensi dell’art. 13 del Codice della privacy. L'utente è consapevole che, proseguendo nella navigazione del sito web, accetta l'utilizzo dei cookie.

Home » Agronews » Pasta: rischia di essere superiore al 50% l’impiego di seme non certificato

Agronews

Pasta: rischia di essere superiore al 50% l’impiego di seme non certificato

A lanciare l'allarme è Assosementi, l’associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane

Roma- L’impiego di seme non certificato per le coltivazioni del frumento duro rischia di essere superiore al 50% anche nel 2018, con la conseguenza che la tracciabilità di una produzione come la pasta, alimento principe della nostra dieta e simbolo di italianità nel mondo, rischia di venire meno. A lanciare l’allarme è Assosementi, l’associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane, in occasione di From Seed to Pasta, il congresso internazionale dedicato alla filiera grano-pasta in programma a Bologna dal 19 al 21 settembre. “Per garantire ai consumatori la costante qualità della pasta, un’eccellenza del Made in Italy, è fondamentale partire dal seme certificato, strumento indispensabile per valorizzare produzioni ad alto valore aggiunto, garantire la salubrità del prodotto e prevenire il rischio dello sviluppo di micotossine, ha dichiarato Franco Brazzabeni, Presidente della Sezione Cereali di Assosementi. Tracciare la filiera senza partire dal seme significa mettere in piedi un sistema incompleto, perché privo dell’elemento iniziale, quello che dà origine al prodotto alimentare e da cui trae molte delle sue caratteristiche”.

“Tra alcuni agricoltori si sta purtroppo diffondendo la falsa convinzione che l’impiego di seme non certificato permette un risparmio significativo nei costi di produzione. In realtà, il costo della certificazione del seme non incide per più di un 2% sulle spese di produzione sostenute dall'agricoltore per ogni ettaro, un esborso ampiamente compensato dai vantaggi produttivi e qualitativi garantiti. Scegliere il seme certificato significa anche sostenere i programmi di innovazione vegetale, i soli che garantiranno agli agricoltori varietà sempre più performanti per il mercato” ha aggiunto Brazzabeni. “Siamo convinti che la collaborazione lungo tutta la filiera possa sia il punto di partenza per risolvere le criticità del settore cerealicolo. Per questo motivo lo scorso luglio abbiamo aderito al Protocollo d’Intesa a difesa del grano duro di cui fanno parte altre sette associazioni di categoria. Inoltre, abbiamo dato vita a una nuova campagna «Seme certificato: 5 ragioni per sceglierlo», con l’obiettivo di sensibilizzare gli agricoltori sulle garanzie e i vantaggi offerti dal seme certificato” ha concluso Brazzabeni.

in data:19/09/2018

Cerca

Multimedia

  • video

    Tg Agricoltura. Edizione 4 luglio

  • foto

    Binomio, a Roma arriva la cucina all day long nata in Catalogna

  • video

    Tg Agricoltura. Edizione 27 giugno